Appendix; I. 5?

2 e io Luglio a Mons. Vescovo di Lavai, osserva, che la' S. Sede, chiamando in Roma un Vescovo all' insaputa del Governo « disconosce i diritti del Potere col quale ha fir- mato il Concordato », e, minacciando il Vescovo della pena della sospensione, se non si rende a Roma, « disconosce la disposizione del Concordato, dalla quale risulta, che un Ve- scovo non può essere sospeso o deposto senza l'accordo delle due autorità, che hanno contribuito a crearlo ». - Dopo queste affermazioni, il Sig. Incaricato d' Affari in nome del suo Governo dichiara, che se non vengono ritirate le due menzionate lettere dirette a Monsignor Geay, e se si dà se- guito alle minacce ivi contenute, « il Governo francese do- vrà comprendere, che la S. Sede non ha più interesse delle sue relazioni col Potere, che, nel compiere gli obblighi del Concordato, ha il dovere di difendere le prerogative, che il Concordato gli conferisce ».

Per rispondere adeguatamente alle dette osservazioni, gio- verà innanzi tutto esporre brevemente lo stato esatto della questione.

Per motivi di ordine esclusivamente ecclesiastico e del tutto estranei alle questioni politiche che si agitano in Fran- cia, il Sommo Pontefice, in adempimento dei doveri del suo apostolico ministero sopra tutta la Chiesa, giudicò opportuno di consigliare al Vescovo di Lavai la rinunzia spontanea della sua diocesi, poiché in tal modo egli avrebbe risparmiato a sé stesso e alla Santa Sede il dispiacere di un ulteriore pro- cedimento.

Non seguendo Monsignor Geay questo prudente e pa- terno consiglio, ripetuto più volte, la Santa Sede gli fece noto che si sarebbe trovata nefla doverosa necessità di chia- marlo in Roma, affinchè desse le necessarie spiegazioni sulle gravi imputazioni che gli si facevano. Non si trattava adun- que di deposizione, nel qual caso la Santa Sede ne avrebbe informato il Governo, e neppure di altre disposizioni penali,