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luce della stella, che trovano la strada e giungono a Lui. Tutte vivono, cia-
scuna a proprio modo, l'esperienza stessa dei Magi.
Essi hanno portato oro, incenso e mirra. Non sono certamente doni che
rispondono a necessità primarie o quotidiane. In quel momento la Sacra
Famiglia avrebbe certamente avuto molto più bisogno di qualcosa di diverso
dall'incenso e dalla mirra, e neppure l'oro poteva esserle immediatamente
utile. Ma questi doni hanno un significato profondo: sono un atto di giustizia.
Infatti, secondo la mentalità vigente a quel tempo in Oriente, rappresentano
il riconoscimento di una persona come Dio e Re: sono, cioè, un atto di sotto-
missione. Vogliono dire che da quel momento i donatori appartengono al
sovrano e riconoscono la sua autorità. La conseguenza che ne deriva è imme-
diata. I Magi non possono più proseguire per la loro strada, non possono più
tornare da Erode, non possono più essere alleati con quel sovrano potente e
crudele. Sono stati condotti per sempre sulla strada del Bambino, quella che
farà loro trascurare i grandi e i potenti di questo mondo e li porterà a Colui
che ci aspetta fra i poveri, la strada dell'amore che solo può trasformare
il mondo.
Non soltanto, quindi, i Magi si sono messi in cammino, ma da quel loro
atto ha avuto inizio qualcosa di nuovo, è stata tracciata una nuova strada, è
scesa sul mondo una nuova luce che non si è spenta. La visione del profeta si
realizza: quella luce non può più essere ignorata nel mondo: gli uomini si
muoveranno verso quel Bambino e saranno illuminati dalla gioia che solo
Lui sa donare. La luce di Betlemme continua a risplendere in tutto il mondo.
A quanti l'hanno accolta Sant'Agostino ricorda: « Anche noi, riconoscendo
Cristo nostro re e sacerdote morto per noi, lo abbiamo onorato come se
avessimo offerto oro, incenso e mirra; ci manca soltanto di testimoniarlo
prendendo una via diversa da quella per la quale siamo venuti ».2
Se dunque leggiamo assieme la promessa del profeta Isaia e il suo com-
pimento nel Vangelo di Matteo nel grande contesto di tutta la storia, appare
evidente che ciò che ci viene detto, e che nel presepio cerchiamo di ripro-
durre, non è un sogno e neppure un vano gioco di sensazioni e di emozioni,
prive di vigore e di realtà, ma è la Verità che s'irradia nel mondo, anche se
Erode sembra sempre essere più forte e quel Bambino sembra poter essere
ricacciato tra coloro che non hanno importanza, o addirittura calpestato. Ma
solamente in quel Bambino si manifesta la forza di Dio, che raduna gli
2 Sermo 202. In Epiphania Domini, 3, 4.