Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale370
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale372
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale374
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale376
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale378
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale380
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale382
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale384
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale386
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale388
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale390
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale392
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale394
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale396
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Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale404
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Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale412
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Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale418
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Congregatio pro Doctrina Fidei 421
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale422
Congregatio pro Doctrina Fidei 423
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale424
Congregatio pro Doctrina Fidei 425
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die 25 Iunii. - Cathedrali Ecclesiae Villaricensi Spiritus Sancti,
Acta Benedicti Pp. XVI 377
e del vino le parole di ringraziamento di Cristo che sono parole di transu-
stanziazione - parole che rendono presente Lui stesso, il Risorto, il suo
Corpo e suo Sangue, e trasformano cosı̀ gli elementi del mondo: parole che
spalancano il mondo a Dio e lo congiungono a Lui. Il sacerdozio è quindi non
semplicemente « ufficio », ma sacramento: Dio si serve di un povero uomo al
fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore.
Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur cono-
scendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere
presenti in vece sua - questa audacia di Dio è la cosa veramente grande
che si nasconde nella parola « sacerdozio ». Che Dio ci ritenga capaci di questo;
che Egli in tal modo chiami uomini al suo servizio e cosı̀ dal di dentro si leghi
ad essi: è ciò che in quest'anno volevamo nuovamente considerare e com-
prendere. Volevamo risvegliare la gioia che Dio ci sia cosı̀ vicino, e la grati-
tudine per il fatto che Egli si affidi alla nostra debolezza; che Egli ci conduca
e ci sostenga giorno per giorno. Volevamo cosı̀ anche mostrare nuovamente ai
giovani che questa vocazione, questa comunione di servizio per Dio e con Dio,
esiste - anzi, che Dio è in attesa del nostro « sı̀ ». Insieme alla Chiesa vole-
vamo nuovamente far notare che questa vocazione la dobbiamo chiedere a
Dio. Chiediamo operai per la messe di Dio, e questa richiesta a Dio è, al tempo
stesso, un bussare di Dio al cuore di giovani che si ritengono capaci di ciò di
cui Dio li ritiene capaci. Era da aspettarsi che al « nemico » questo nuovo
brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo
scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. E cosı̀ è
successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio,
siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti - soprattutto l'abuso nei con-
fronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a
vantaggio dell'uomo viene volto nel suo contrario. Anche noi chiediamo insi-
stentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo
promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa
succedere mai più; promettere che nell'ammissione al ministero sacerdotale e
nella formazione durante il cammino di preparazione ad esso faremo tutto ciò
che possiamo per vagliare l'autenticità della vocazione e che vogliamo ancora
di più accompagnare i sacerdoti nel loro cammino, affinché il Signore li pro-
tegga e li custodisca in situazioni penose e nei pericoli della vita. Se l'Anno
Sacerdotale avesse dovuto essere una glorificazione della nostra personale
prestazione umana, sarebbe stato distrutto da queste vicende. Ma si trattava
per noi proprio del contrario: il diventare grati per il dono di Dio, dono che si