Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale346
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Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale360
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per Servi Dei intercessionem a Deo patrato, affirmativum prolatum est res-
in civitate quae tunc sub nomine Portus Principis erat, hodie vero Cama-
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Acta Benedicti Pp. XVI 355
Gesù dice: « Io mi consacro per loro »? È questo l'atto sacerdotale in cui Gesù
- l'Uomo Gesù, che è una cosa sola col Figlio di Dio - si consegna al Padre
per noi. È l'espressione del fatto che Egli è insieme sacerdote e vittima. Mi
consacro - mi sacrifico: questa parola abissale, che ci lascia gettare uno
sguardo nell'intimo del cuore di Gesù Cristo, dovrebbe sempre di nuovo essere
oggetto della nostra riflessione. In essa è racchiuso tutto il mistero della
nostra redenzione. E vi è contenuta anche l'origine del sacerdozio della Chie-
sa, del nostro sacerdozio.
Solo adesso possiamo comprendere fino in fondo la preghiera, che il Si-
gnore ha presentato al Padre per i discepoli - per noi. « Consacrali nella
verità »: è questo l'inserimento degli apostoli nel sacerdozio di Gesù Cristo,
l'istituzione del suo sacerdozio nuovo per la comunità dei fedeli di tutti i
tempi. « Consacrali nella verità »: è questa la vera preghiera di consacrazione
per gli apostoli. Il Signore chiede che Dio stesso li attragga verso di sé, dentro
la sua santità. Chiede che Egli li sottragga a se stessi e li prenda come sua
proprietà, affinché, a partire da Lui, essi possano svolgere il servizio sacerdo-
tale per il mondo. Questa preghiera di Gesù appare due volte in forma leg-
germente modificata. Dobbiamo ambedue le volte ascoltare con molta atten-
zione, per cominciare a capire almeno vagamente la cosa sublime che qui sta
verificandosi. « Consacrali nella verità ». Gesù aggiunge: « La tua parola è
verità ». I discepoli vengono quindi tirati nell'intimo di Dio mediante l'essere
immersi nella parola di Dio. La parola di Dio è, per cosı̀ dire, il lavacro che li
purifica, il potere creatore che li trasforma nell'essere di Dio. E allora, come
stanno le cose nella nostra vita? Siamo veramente pervasi dalla parola di
Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto non lo
siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo?
Ci occupiamo interiormente di questa parola al punto che essa realmente dà
un'impronta alla nostra vita e forma il nostro pensiero? O non è piuttosto che
il nostro pensiero sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si
fa? Non sono forse assai spesso le opinioni predominanti i criteri secondo cui
ci misuriamo? Non rimaniamo forse, in fin dei conti, nella superficialità di
tutto ciò che, di solito, s'impone all'uomo di oggi? Ci lasciamo veramente
purificare nel nostro intimo dalla parola di Dio? Nietzsche ha dileggiato
l'umiltà e l'obbedienza come virtù servili, mediante le quali gli uomini sareb-
bero stati repressi. Ha messo al loro posto la fierezza e la libertà assoluta
dell'uomo. Orbene, esistono caricature di un'umiltà sbagliata e di una sotto-
missione sbagliata, che non vogliamo imitare. Ma esiste anche la superbia