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per Servi Dei intercessionem a Deo patrato, affirmativum prolatum est res-
in civitate quae tunc sub nomine Portus Principis erat, hodie vero Cama-
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Acta Benedicti Pp. XVI 359
memoriale della Pasqua di allora. Tuttavia è di più. Con il Canone entriamo
in questo « oggi ». Il nostro oggi viene a contatto con il suo oggi. Egli fa questo
adesso. Con la parola « oggi », la Liturgia della Chiesa vuole indurci a porre
grande attenzione interiore al mistero di questa giornata, alle parole in cui
esso si esprime. Cerchiamo dunque di ascoltare in modo nuovo il racconto
dell'istituzione cosı̀ come la Chiesa, in base alla Scrittura e contemplando il
Signore stesso, lo ha formulato.
Come prima cosa ci colpirà che il racconto dell'istituzione non è una frase
autonoma, ma comincia con un pronome relativo: qui pridie. Questo « qui »
aggancia l'intero racconto alla precedente parola della preghiera, « ... diventi
per noi il corpo e il sangue del tuo amatissimo Figlio, il Signore nostro Gesù
Cristo ». In questo modo, il racconto è connesso con la preghiera precedente,
con l'intero Canone, e reso esso stesso preghiera. Non è affatto semplicemente
un racconto qui inserito, e non si tratta neppure di parole autoritative a sé
stanti, che magari interromperebbero la preghiera. È preghiera. E soltanto
nella preghiera si realizza l'atto sacerdotale della consacrazione che diventa
trasformazione, transustanziazione dei nostri doni di pane e vino in Corpo e
Sangue di Cristo. Pregando in questo momento centrale, la Chiesa è in totale
accordo con l'avvenimento nel Cenacolo, poiché l'agire di Gesù viene descrit-
to con le parole: « gratias agens benedixit - rese grazie con la preghiera di
benedizione ». Con questa espressione, la Liturgia romana ha diviso in due
parole ciò, che nell'ebraico berakha è una parola sola, nel greco invece appare
nei due termini eucharistı́a ed eulogı́a. Il Signore ringrazia. Ringraziando
riconosciamo che una certa cosa è dono che proviene da un altro. Il Signore
ringrazia e con ciò restituisce a Dio il pane, « frutto della terra e del lavoro
dell'uomo », per riceverlo nuovamente da Lui. Ringraziare diventa benedire.
Ciò che è stato dato nelle mani di Dio, ritorna da Lui benedetto e trasforma-
to. La Liturgia romana ha ragione, quindi, nell'interpretare il nostro pregare
in questo momento sacro mediante le parole: « offriamo », « supplichiamo »,
« chiediamo di accettare », « di benedire queste offerte ». Tutto questo si na-
sconde nella parola « eucharistia ».
C'è un'altra particolarità nel racconto dell'istituzione riportato nel Cano-
ne Romano, che vogliamo meditare in quest'ora. La Chiesa orante guarda alle
mani e agli occhi del Signore. Vuole quasi osservarlo, vuole percepire il gesto
del suo pregare e del suo agire in quell'ora singolare, incontrare la figura di
Gesù, per cosı̀ dire, anche attraverso i sensi. « Egli prese il pane nelle sue mani
sante e venerabili... ». Guardiamo a quelle mani con cui Egli ha guarito gli