Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale370
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale372
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale374
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale376
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale378
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale380
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale382
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale384
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale386
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale388
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale390
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale392
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale394
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale396
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale398
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale400
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Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale404
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale406
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale408
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Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale412
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Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale418
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Congregatio pro Doctrina Fidei 421
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale422
Congregatio pro Doctrina Fidei 423
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale424
Congregatio pro Doctrina Fidei 425
Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale426
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die 25 Iunii. - Cathedrali Ecclesiae Villaricensi Spiritus Sancti,
Acta Benedicti Pp. XVI 385
radice il senso di questo ministero. Chi vuole soprattutto realizzare una pro-
pria ambizione, raggiungere un proprio successo sarà sempre schiavo di se
stesso e dell'opinione pubblica. Per essere considerato, dovrà adulare; dovrà
dire quello che piace alla gente; dovrà adattarsi al mutare delle mode e delle
opinioni e, cosı̀, si priverà del rapporto vitale con la verità, riducendosi a
condannare domani quel che avrà lodato oggi. Un uomo che imposti cosı̀ la
sua vita, un sacerdote che veda in questi termini il proprio ministero, non
ama veramente Dio e gli altri, ma solo se stesso e, paradossalmente, finisce
per perdere se stesso. Il sacerdozio - ricordiamolo sempre - si fonda sul
coraggio di dire sı̀ ad un'altra volontà, nella consapevolezza, da far crescere
ogni giorno, che proprio conformandoci alla volontà di Dio, « immersi » in
questa volontà, non solo non sarà cancellata la nostra originalità, ma, al
contrario, entreremo sempre di più nella verità del nostro essere e del nostro
ministero.
Carissimi ordinandi, vorrei proporre alla vostra riflessione un terzo pen-
siero, strettamente legato a quello appena esposto: l'invito di Gesù a « perdere
se stesso », a prendere la croce, richiama il mistero che stiamo celebrando:
l'Eucaristia. A voi oggi, con il sacramento dell'Ordine, viene donato di pre-
siedere l'Eucaristia! A voi è affidato il sacrificio redentore di Cristo, a voi è
affidato il suo corpo dato e il suo sangue versato. Certo, Gesù offre il suo
sacrificio, la sua donazione d'amore umile e totale alla Chiesa sua Sposa, sulla
Croce. È su quel legno che il chicco di frumento lasciato cadere dal Padre sul
campo del mondo muore per diventare frutto maturo, datore di vita. Ma, nel
disegno di Dio, questa donazione di Cristo viene resa presente nell'Eucaristia
grazie a quella potestas sacra che il sacramento dell'Ordine conferisce a voi
presbiteri. Quando celebriamo la Santa Messa teniamo nelle nostre mani il
pane del Cielo, il pane di Dio, che è Cristo, chicco spezzato per moltiplicarsi e
diventare il vero cibo della vita per il mondo. È qualcosa che non vi può non
riempire di intimo stupore, di viva gioia e di immensa gratitudine: ormai
l'amore e il dono di Cristo crocifisso e glorioso passano attraverso le vostre
mani, la vostra voce, il vostro cuore! È un'esperienza sempre nuova di stu-
pore vedere che nelle mie mani, nella mia voce il Signore realizza questo
mistero della Sua presenza!
Come allora non pregare il Signore, perché vi dia una coscienza sempre
vigile ed entusiasta di questo dono, che è posto al centro del vostro essere
preti! Perché vi dia la grazia di saper sperimentare in profondità tutta la
bellezza e la forza di questo vostro servizio presbiterale e, nello stesso tempo,