ACTA BENEDICTI PP. XVI

 Post militiam, studiis absolutis, postulavit ut illam Congregationem ingredi

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 Acta Benedicti Pp. XVI 249

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 Acta Benedicti Pp. XVI 253

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 Acta Benedicti Pp. XVI 255

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 Acta Benedicti Pp. XVI 257

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale258

 Congregatio pro Episcopis 259

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 Diarium Romanae Curiae 261

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale262

 Diarium Romanae Curiae 263

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale264

Acta Benedicti Pp. XVI 229

altri. Come gli altri coltivavano la terra, della quale viveva anche il sacerdote,

cosı̀ egli manteneva il mondo aperto verso Dio, doveva vivere con lo sguardo

rivolto a Lui. Se questa parola ora si trova nel Canone della Messa immedia-

tamente dopo la consacrazione dei doni, dopo l'entrata del Signore nell'as-

semblea in preghiera, allora ciò indica per noi lo stare davanti al Signore

presente, indica cioè l'Eucaristia come centro della vita sacerdotale. Ma an-

che qui la portata va oltre. Nell'inno della Liturgia delle Ore che durante la

quaresima introduce l'Ufficio delle Letture - l'Ufficio che una volta presso i

monaci era recitato durante l'ora della veglia notturna davanti a Dio e per gli

uomini - uno dei compiti della quaresima è descritto con l'imperativo: arc-

tius perstemus in custodia - stiamo di guardia in modo più intenso. Nella

tradizione del monachesimo siriaco, i monaci erano qualificati come « coloro

che stanno in piedi »; lo stare in piedi era l'espressione della vigilanza. Ciò che

qui era considerato compito dei monaci, possiamo con ragione vederlo anche

come espressione della missione sacerdotale e come giusta interpretazione

della parola del Deuteronomio: il sacerdote deve essere uno che vigila. Deve

stare in guardia di fronte alle potenze incalzanti del male. Deve tener sveglio

il mondo per Dio. Deve essere uno che sta in piedi: dritto di fronte alle

correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell'impegno per il bene. Lo

stare davanti al Signore deve essere sempre, nel più profondo, anche un farsi

carico degli uomini presso il Signore che, a sua volta, si fa carico di tutti noi

presso il Padre. E deve essere un farsi carico di Lui, di Cristo, della sua parola,

della sua verità, del suo amore. Retto deve essere il sacerdote, impavido e

disposto ad incassare per il Signore anche oltraggi, come riferiscono gli Atti

degli Apostoli: essi erano « lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di

Gesù ».4

Passiamo ora alla seconda parola, che il Canone II riprende dal testo

dell'Antico Testamento - « stare davanti a te e a te servire ». Il sacerdote

deve essere una persona retta, vigilante, una persona che sta dritta. A tutto

ciò si aggiunge poi il servire. Nel testo veterotestamentario questa parola ha

un significato essenzialmente rituale: ai sacerdoti spettavano tutte le azioni di

culto previste dalla Legge. Ma questo agire secondo il rito veniva poi classi-

ficato come servizio, come un incarico di servizio, e cosı̀ si spiega in quale

spirito quelle attività dovevano essere svolte. Con l'assunzione della parola

4 5, 41.