Post militiam, studiis absolutis, postulavit ut illam Congregationem ingredi
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« servire » nel Canone, questo significato liturgico del termine viene in un certo
modo adottato - conformemente alla novità del culto cristiano. Ciò che il
sacerdote fa in quel momento, nella celebrazione dell'Eucaristia, è servire,
compiere un servizio a Dio e un servizio agli uomini. Il culto che Cristo ha
reso al Padre è stato il donarsi sino alla fine per gli uomini. In questo culto, in
questo servizio il sacerdote deve inserirsi. Cosı̀ la parola « servire » comporta
molte dimensioni. Certamente ne fa parte innanzitutto la retta celebrazione
della Liturgia e dei Sacramenti in genere, compiuta con partecipazione inte-
riore. Dobbiamo imparare a comprendere sempre di più la sacra Liturgia in
tutta la sua essenza, sviluppare una viva familiarità con essa, cosicché diventi
l'anima della nostra vita quotidiana. È allora che celebriamo in modo giusto,
allora emerge da sé l'ars celebrandi, l'arte del celebrare. In quest'arte non
deve esserci niente di artefatto. Se la Liturgia è un compito centrale del
sacerdote, ciò significa anche che la preghiera deve essere una realtà priori-
taria da imparare sempre di nuovo e sempre più profondamente alla scuola di
Cristo e dei santi di tutti i tempi. Poiché la Liturgia cristiana, per sua natura,
è sempre anche annuncio, dobbiamo essere persone che con la Parola di Dio
hanno familiarità, la amano e la vivono: solo allora potremo spiegarla in
modo adeguato. « Servire il Signore » - il servizio sacerdotale significa pro-
prio anche imparare a conoscere il Signore nella sua Parola e a farLo cono-
scere a tutti coloro che Egli ci affida.
Fanno parte del servire, infine, ancora due altri aspetti. Nessuno è cosı̀
vicino al suo signore come il servo che ha accesso alla dimensione più privata
della sua vita. In questo senso « servire » significa vicinanza, richiede familia-
rità. Questa familiarità comporta anche un pericolo: quello che il sacro da noi
continuamente incontrato divenga per noi abitudine. Si spegne cosı̀ il timore
riverenziale. Condizionati da tutte le abitudini, non percepiamo più il fatto
grande, nuovo, sorprendente, che Egli stesso sia presente, ci parli, si doni a
noi. Contro questa assuefazione alla realtà straordinaria, contro l'indifferenza
del cuore dobbiamo lottare senza tregua, riconoscendo sempre di nuovo la
nostra insufficienza e la grazia che vi è nel fatto che Egli si consegni cosı̀ nelle
nostre mani. Servire significa vicinanza, ma significa soprattutto anche ob-
bedienza. Il servo sta sotto la parola: «Non sia fatta la mia, ma la tua
volontà! ».5 Con questa parola, Gesù nell'Orto degli ulivi ha risolto la battaglia
5 Lc 22, 42.