dell'itinerario quaresimale, ma ci indica pure gli strumenti ascetici e pratici
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pregato, che abbiamo avuto l'incontro con Cristo, è che siamo « per gli altri ».
lontano da loro e quindi non posso dare indicazioni molto concrete - che il
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allontanare ogni ostilità dal nostro intimo, di toglierci ogni senso di auto-
sufficienza e di rivestirci veramente con la veste dell'amore, affinché siamo
persone luminose e non appartenenti alle tenebre.
Infine ancora una breve parola riguardo alla casula. La preghiera tradi-
zionale quando si riveste la casula vede rappresentato in essa il giogo del
Signore che a noi come sacerdoti è stato imposto. E ricorda la parola di Gesù
che ci invita a portare il suo giogo e a imparare da Lui, che è «mite e umile di
cuore ».8 Portare il giogo del Signore significa innanzitutto: imparare da Lui.
Essere sempre disposti ad andare a scuola da Lui. Da Lui dobbiamo imparare
la mitezza e l'umiltà - l'umiltà di Dio che si mostra nel suo essere uomo. San
Gregorio Nazianzeno una volta si è chiesto perché Dio abbia voluto farsi
uomo. La parte più importante e per me più toccante della sua risposta è:
«Dio voleva rendersi conto di che cosa significa per noi l'obbedienza e voleva
misurare il tutto in base alla propria sofferenza, questa invenzione del suo
amore per noi. In questo modo, Egli può conoscere direttamente su se stesso
ciò che noi sperimentiamo - quanto è richiesto da noi, quanta indulgenza
meritiamo - calcolando in base alla sua sofferenza la nostra debolezza ».9
A volte vorremmo dire a Gesù: Signore, il tuo giogo non è per niente
leggero. È anzi tremendamente pesante in questo mondo. Ma guardando
poi a Lui che ha portato tutto - che su di sé ha provato l'obbedienza, la
debolezza, il dolore, tutto il buio, allora questi nostri lamenti si spengono.
Il suo giogo è quello di amare con Lui. E più amiamo Lui, e con Lui
diventiamo persone che amano, più leggero diventa per noi il suo giogo
apparentemente pesante.
Preghiamolo di aiutarci a diventare insieme con Lui persone che ama-
no, per sperimentare cosı̀ sempre di più quanto è bello portare il suo giogo.
Amen.
8 Mt 11, 29. 9 Discorso 30; Disc. teol. IV, 6.