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et constantia perseveravit, ut omni ope ac studio in proximum spem instillaret,
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Acta Benedicti Pp. XVI 187
nella quale poi si dischiude anche la Parola, che diventa comprensibile solo se
interpretata dalla vita, realizzata dalla vita.
Quindi mi sembra importante, insieme con la Parola, la presenza di un
luogo di ospitalità della fede, un luogo in cui si fa una progressiva esperienza
della fede. E qui vedo anche uno dei compiti della parrocchia: ospitalità per
quelli che non conoscono questa vita tipica della comunità parrocchiale. Non
dobbiamo essere un cerchio chiuso in noi stessi. Abbiamo le nostre consuetu-
dini, ma dobbiamo comunque aprirci e cercare di creare anche vestiboli, cioè
spazi di avvicinamento. Uno che viene da lontano non può subito entrare
nella vita formata di una parrocchia, che ha già le sue consuetudini. Per
costui al momento tutto è molto sorprendente, lontano dalla sua vita. Quindi
dobbiamo cercare di creare, con l'aiuto della Parola, quello che la Chiesa
antica ha creato con i catecumenati: spazi in cui cominciare a vivere la
Parola, a seguire la Parola, a renderla comprensibile e realistica, corrispon-
dente a forme di esperienza reale. In questo senso mi sembra molto impor-
tante quanto lei ha accennato, cioè la necessità di collegare la Parola con la
testimonianza di una vita giusta, dell'essere per gli altri, di aprirsi ai poveri,
ai bisognosi, ma anche ai ricchi, che hanno bisogno di essere aperti nel loro
cuore, di sentir bussare al loro cuore. Si tratta dunque di spazi diversi, a
seconda della situazione.
Mi pare che in teoria si possa dire poco, ma l'esperienza concreta mostrerà
le strade da seguire. E naturalmente - criterio sempre importante da seguire
- bisogna essere nella grande comunione della Chiesa, anche se forse in uno
spazio ancora un po' lontano: e cioè in comunione con il vescovo, con il Papa,
in comunione cosı̀ con il grande passato e con il grande futuro della Chiesa.
Essere nella Chiesa cattolica, infatti, non implica soltanto essere in un grande
cammino che ci precede, ma significa essere in prospettiva di una grande
apertura al futuro. Un futuro che si apre solo in questo modo. Si potrebbe
forse proseguire nel parlare dei contenuti, ma possiamo trovare un'altra oc-
casione per questo.
Padre Santo, sono Don Giuseppe Forlai, vicario parrocchiale presso la par-
rocchia di San Giovanni Crisostomo, nel settore nord della nostra Diocesi. L'e-
mergenza educativa, di cui autorevolmente la Santità Vostra ha parlato, è anche,
come tutti sappiamo, emergenza di educatori, particolarmente credo sotto due
aspetti. Prima di tutto, è necessario avere un occhio maggiore sulla continuità
della presenza dell'educatore-prete. Un giovane non stringe un patto di crescita
con chi se ne va dopo due o tre anni, anche perché già impegnato emotivamente a