consecratae eminuit haud mediocri desiderio sanctitatis. Anno MDCCLXI vota
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die 28 Augusti. - Exc.mum R.P. Fridericum Rubwejanga, Episcopum
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mento liturgico aveva donato a molte persone una cospicua formazione litur-
gica e una profonda, intima familiarità con la forma anteriore della Celebra-
zione liturgica. Tutti sappiamo che, nel movimento guidato dall'Arcivescovo
Lefebvre, la fedeltà al Messale antico divenne un contrassegno esterno; le
ragioni di questa spaccatura, che qui nasceva, si trovavano però più in pro-
fondità. Molte persone, che accettavano chiaramente il carattere vincolante
del Concilio Vaticano II e che erano fedeli al Papa e ai Vescovi, desideravano
tuttavia anche ritrovare la forma, a loro cara, della sacra Liturgia; questo
avvenne anzitutto perché in molti luoghi non si celebrava in modo fedele alle
prescrizioni del nuovo Messale, ma esso addirittura veniva inteso come un'au-
torizzazione o perfino come un obbligo alla creatività, la quale portò spesso a
deformazioni della Liturgia al limite del sopportabile. Parlo per esperienza,
perché ho vissuto anch'io quel periodo con tutte le sue attese e confusioni. E
ho visto quanto profondamente siano state ferite, dalle deformazioni arbitra-
rie della Liturgia, persone che erano totalmente radicate nella fede della
Chiesa.
Papa Giovanni Paolo II si vide, perciò, obbligato a dare, con il Motu
Proprio «Ecclesia Dei » del 2 luglio 1988, un quadro normativo per l'uso del
Messale del 1962, che però non conteneva prescrizioni dettagliate, ma faceva
appello, in modo più generale, alla generosità dei Vescovi verso le « giuste
aspirazioni » di quei fedeli che richiedevano quest'uso del Rito Romano. In
quel momento il Papa voleva, cosı̀, aiutare soprattutto la Fraternità San Pio
X a ritrovare la piena unità con il Successore di Pietro, cercando di guarire
una ferita sentita sempre più dolorosamente. Purtroppo questa riconciliazio-
ne finora non è riuscita; tuttavia una serie di comunità hanno utilizzato con
gratitudine le possibilità di questo Motu Proprio. Difficile è rimasta, invece,
la questione dell'uso del Messale del 1962 al di fuori di questi gruppi, per i
quali mancavano precise norme giuridiche, anzitutto perché spesso i Vescovi,
in questi casi, temevano che l'autorità del Concilio fosse messa in dubbio.
Subito dopo il Concilio Vaticano II si poteva supporre che la richiesta dell'uso
del Messale del 1962 si limitasse alla generazione più anziana che era cresciuta
con esso, ma nel frattempo è emerso chiaramente che anche giovani persone
scoprono questa forma liturgica, si sentono attirate da essa e vi trovano una
forma, particolarmente appropriata per loro, di incontro con il Mistero della
Santissima Eucaristia. Cosı̀ è sorto un bisogno di un regolamento giuridico
più chiaro che, al tempo del Motu Proprio del 1988, non era prevedibile;