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dell'unità ».1 Ringrazio il Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Con-
gregazione per i Vescovi, per le cortesi espressioni che mi ha rivolto a nome
vostro; saluto il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per
le Chiese Orientali, ed esprimo la mia riconoscenza a quanti in vari modi
collaborano all'organizzazione di questo annuale incontro.
Quest'anno, il vostro convegno si inserisce nel contesto dell'Anno Sacer-
dotale, indetto per il 150o anniversario della morte di san Giovanni Maria
Vianney. Come ho scritto nella Lettera inviata per l'occasione a tutti i sacer-
doti, questo anno speciale « vuole contribuire a promuovere l'impegno d'inte-
riore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva
testimonianza evangelica nel mondo di oggi ». L'imitazione di Gesù Buon
Pastore è, per ogni sacerdote, la strada obbligata della propria santificazione
e la condizione essenziale per esercitare responsabilmente il ministero pasto-
rale. Se questo vale per i presbiteri, vale ancor più per noi, cari Fratelli
Vescovi. Ed anzi, è importante non dimenticare che uno dei compiti essenziali
del Vescovo è proprio quello di aiutare, con l'esempio e con il fraterno soste-
gno, i sacerdoti a seguire fedelmente la loro vocazione, e a lavorare con
entusiasmo e amore nella vigna del Signore.
A questo proposito, nell'Esortazione postsinodale Pastores gregis, il mio
venerato predecessore Giovanni Paolo II ebbe ad osservare che il gesto del
sacerdote, quando pone le proprie mani nelle mani del Vescovo nel giorno
dell'ordinazione presbiterale, impegna entrambi: il sacerdote e il Vescovo. Il
novello presbitero sceglie di affidarsi al Vescovo e, da parte sua, il Vescovo si
impegna a custodire queste mani.2 A ben vedere questo è un compito solenne
che si configura per il Vescovo come paterna responsabilità nel custodire e
promuovere l'identità sacerdotale dei presbiteri affidati alle proprie cure pa-
storali, un'identità che vediamo oggi purtroppo messa a dura prova dalla
crescente secolarizzazione. Il Vescovo dunque - prosegue la Pastores gregis
« cercherà sempre di agire coi suoi sacerdoti come padre e fratello che li ama, li
accoglie, li corregge, li conforta, ne ricerca la collaborazione e, per quanto
possibile, si adopera per il loro benessere umano, spirituale, ministeriale
ed economico ».3
In modo speciale, il Vescovo è chiamato ad alimentare nei sacerdoti la
vita spirituale, per favorire in essi l'armonia tra la preghiera e l'apostolato,
1 Lumen Gentium, 23. 2 Cfr. n. 47. 3 Ibidem, 47.