Anno mdcccxl missionariam eam in Foederatas Civitates Americae Septen-
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interpreta la sua esistenza a partire dalla forma della distribuzione del terri-
torio fissata nel Deuteronomio.9 Dopo la presa di possesso della Terra ogni
tribù ottiene per mezzo del sorteggio la sua porzione della Terra santa e con
ciò prende parte al dono promesso al capostipite Abramo. Solo la tribù di
Levi non riceve alcun terreno: la sua terra è Dio stesso. Questa affermazione
aveva certamente un significato del tutto pratico. I sacerdoti non vivevano,
come le altre tribù, della coltivazione della terra, ma delle offerte. Tuttavia,
l'affermazione va più in profondità. Il vero fondamento della vita del sacer-
dote, il suolo della sua esistenza, la terra della sua vita è Dio stesso. La
Chiesa, in questa interpretazione anticotestamentaria dell'esistenza sacerdo-
tale - un'interpretazione che emerge ripetutamente anche nel Salmo 118
[119] - ha visto con ragione la spiegazione di ciò che significa la missione
sacerdotale nella sequela degli Apostoli, nella comunione con Gesù stesso. Il
sacerdote può e deve dire anche oggi con il levita: «Dominus pars hereditatis
meae et calicis mei ». Dio stesso è la mia parte di terra, il fondamento esterno
ed interno della mia esistenza. Questa teocentricità dell'esistenza sacerdotale
è necessaria proprio nel nostro mondo totalmente funzionalistico, nel quale
tutto è fondato su prestazioni calcolabili e verificabili. Il sacerdote deve
veramente conoscere Dio dal di dentro e portarlo cosı̀ agli uomini: è questo
il servizio prioritario di cui l'umanità di oggi ha bisogno. Se in una vita
sacerdotale si perde questa centralità di Dio, si svuota passo passo anche lo
zelo dell'agire. Nell'eccesso delle cose esterne manca il centro che dà senso a
tutto e lo riconduce all'unità. Lı̀ manca il fondamento della vita, la « terra »,
sulla quale tutto questo può stare e prosperare.
Il celibato, che vige per i Vescovi in tutta la Chiesa orientale ed occiden-
tale e, secondo una tradizione che risale a un'epoca vicina a quella degli
Apostoli, per i sacerdoti in genere nella Chiesa latina, può essere compreso
e vissuto, in definitiva, solo in base a questa impostazione di fondo. Le
ragioni solamente pragmatiche, il riferimento alla maggiore disponibilità,
non bastano: una tale maggiore disponibilità di tempo potrebbe facilmente
diventare anche una forma di egoismo, che si risparmia i sacrifici e le fatiche
richieste dall'accettarsi e dal sopportarsi a vicenda nel matrimonio; potrebbe
cosı̀ portare ad un impoverimento spirituale o ad una durezza di cuore. Il
vero fondamento del celibato può essere racchiuso solo nella frase: Dominus
9 Cfr 10, 9.