elevent mentes nostras »,1 subtilissimo ingenio arcana veritatis tam naturalis
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c) Le diplôme français de licence (180 ECTS) et les diplômes ecclésiasti-
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Acta Benedicti Pp. XVI 35
zione per l'uomo, la sua preoccupazione per lui potrebbe apparire più grande
e più pura? La nube del nascondimento, della povertà del bambino totalmen-
te bisognoso dell'amore, è allo stesso tempo la nube della gloria. Perché niente
può essere più sublime, più grande dell'amore che in questa maniera si china,
discende, si rende dipendente. La gloria del vero Dio diventa visibile quando
ci si aprono gli occhi del cuore davanti alla stalla di Betlemme.
Il racconto del Natale secondo san Luca, che abbiamo appena ascoltato
nel brano evangelico, ci narra che Dio ha un po' sollevato il velo del suo
nascondimento dapprima davanti a persone di condizione molto bassa, da-
vanti a persone che nella grande società erano piuttosto disprezzate: davanti
ai pastori che nei campi intorno a Betlemme facevano la guardia agli animali.
Luca ci dice che queste persone « vegliavano ». Possiamo cosı̀ sentirci richia-
mati a un motivo centrale del messaggio di Gesù, in cui ripetutamente e con
crescente urgenza fino all'Orto degli ulivi torna l'invito alla vigilanza - a
restare svegli per accorgersi della venuta del Signore ed esservi preparati.
Pertanto anche qui la parola significa forse più del semplice essere esterna-
mente svegli durante l'ora notturna. Erano persone veramente vigilanti, nelle
quali il senso di Dio e della sua vicinanza era vivo. Persone che erano in attesa
di Dio e non si rassegnavano all'apparente lontananza di Lui nella vita di
ogni giorno. Ad un cuore vigilante può essere rivolto il messaggio della grande
gioia: in questa notte è nato per voi il Salvatore. Solo il cuore vigilante è
capace di credere al messaggio. Solo il cuore vigilante può infondere il corag-
gio di incamminarsi per trovare Dio nelle condizioni di un bambino nella
stalla. Preghiamo in quest'ora il Signore affinché aiuti anche noi a diventare
persone vigilanti.
San Luca ci racconta inoltre che i pastori stessi erano « avvolti » dalla
gloria di Dio, dalla nube di luce, si trovavano nell'intimo splendore di questa
gloria. Avvolti dalla nube santa ascoltano il canto di lode degli angeli: « Gloria
a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini della sua benevolenza ».
E chi sono questi uomini della sua benevolenza se non i piccoli, i vigilanti,
quelli che sono in attesa, sperano nella bontà di Dio e lo cercano guardando
verso di Lui da lontano?
Nei Padri della Chiesa si può trovare un commento sorprendente circa il
canto con cui gli angeli salutano il Redentore. Fino a quel momento - dicono
i Padri - gli angeli avevano conosciuto Dio nella grandezza dell'universo,
nella logica e nella bellezza del cosmo che provengono da Lui e Lo rispec-
chiano. Avevano accolto, per cosı̀ dire, il muto canto di lode della creazione e