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et constantia perseveravit, ut omni ope ac studio in proximum spem instillaret,
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Vediamo come anche le altre comunità ecclesiali, le altre Chiese avvertano
il bisogno di un punto unificante per non cadere nel nazionalismo, nell'iden-
tificazione con una determinata cultura, per essere realmente aperti, tutti per
tutti e per essere quasi costretti ad aprirsi sempre verso tutti gli altri. Mi
sembra che questo sia il ministero fondamentale del Successore di Pietro:
garantire questa cattolicità che implica molteplicità, diversità, ricchezza di
culture, rispetto delle diversità e che, nello stesso tempo, esclude assolutizza-
zione e unisce tutti, li obbliga ad aprirsi, ad uscire dall'assolutizzazione del
proprio per trovarsi nell'unità della famiglia di Dio che il Signore ha voluto e
per la quale garantisce il Successore di Pietro, come unità nella diversità.
Naturalmente la Chiesa del Successore di Pietro deve portare, con il suo
vescovo, questo peso, questa gioia del dono della sua responsabilità. Nell'Apo-
calisse il vescovo appare infatti come angelo della sua Chiesa, cioè un po'
come l'incorporazione della sua Chiesa, alla quale deve rispondere l'essere
della Chiesa stessa. Quindi la Chiesa di Roma, insieme con il Successore di
Pietro e come sua Chiesa particolare, deve garantire proprio questa univer-
salità, questa apertura, questa responsabilità per la trascendenza dell'amore,
questo presiedere nell'amore che esclude particolarismi. Deve anche garantire
la fedeltà alla Parola del Signore, al dono della fede, che non abbiamo inven-
tato noi ma che è realmente il dono che solo da Dio stesso poteva venire.
Questo è e sarà sempre il dovere, ma anche il privilegio, della Chiesa di Roma,
contro le mode, contro i particolarismi, contro l'assolutizzazione di alcuni
aspetti, contro eresie che sono sempre assolutizzazioni di un aspetto. Anche
il dovere di garantire l'universalità e la fedeltà all'integralità, alla ricchezza
della sua fede, del suo cammino nella storia che si apre sempre al futuro. E
insieme con questa testimonianza della fede e dell'universalità, naturalmente
deve dare l'esempio della carità.
Cosı̀ ci dice sant'Ignazio, identificando in questa parola un po' enigmati-
ca, il sacramento dell'Eucaristia, l'azione dell'amare gli altri. E questo, per
tornare al punto precedente, è molto importante: cioè questa identificazione
con l'Eucaristia che è agape, è carità, è la presenza della carità che si è donata
in Cristo. Deve sempre essere carità, segno e causa di carità nell'aprirsi verso
gli altri, di questo donarsi agli altri, di questa responsabilità verso i bisognosi,
verso i poveri, verso i dimenticati. Questa è una grande responsabilità.
Al presiedere nell'Eucaristia segue il presiedere nella carità, che può essere
testimoniata solo dalla comunità stessa. Questo mi sembra il grande compito,