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et constantia perseveravit, ut omni ope ac studio in proximum spem instillaret,
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La comunità cristiana, che non può restare indifferente dinanzi a cosı̀
drammatiche situazioni, avverte l'impellente dovere di intervenire. La Chie-
sa, infatti, come ho scritto nell'Enciclica Deus caritas est, « è la famiglia di Dio
nel mondo. In questa famiglia non deve esserci nessuno che soffra per man-
canza del necessario ».3 Auspico, pertanto, che anche la Giornata Mondiale del
Malato offra l'opportunità alle comunità parrocchiali e diocesane di prendere
sempre più coscienza di essere « famiglia di Dio », e le incoraggi a rendere
percepibile nei villaggi, nei quartieri e nelle città l'amore del Signore, il quale
chiede « che nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra
perché nel bisogno ».4 La testimonianza della carità fa parte della vita stessa
di ogni comunità cristiana. E fin dall'inizio la Chiesa ha tradotto in gesti
concreti i principi evangelici, come leggiamo negli Atti degli Apostoli. Oggi,
date le mutate condizioni dell'assistenza sanitaria, si avverte il bisogno di una
più stretta collaborazione tra i professionisti della salute operanti nelle diver-
se istituzioni sanitarie e le comunità ecclesiali presenti sul territorio. In que-
sta prospettiva, si conferma in tutto il suo valore un'istituzione collegata con
la Santa Sede qual è l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che celebra que-
st'anno i suoi 140 anni di vita.
Ma c'è di più. Poiché il bambino malato appartiene ad una famiglia che ne
condivide la sofferenza spesso con gravi disagi e difficoltà, le comunità cri-
stiane non possono non farsi carico anche di aiutare i nuclei familiari colpiti
dalla malattia di un figlio o di una figlia. Sull'esempio del «Buon Samaritano »
occorre che ci si chini sulle persone cosı̀ duramente provate e si offra loro il
sostegno di una concreta solidarietà. In tal modo, l'accettazione e la condi-
visione della sofferenza si traduce in un utile supporto alle famiglie dei bam-
bini malati, creando al loro interno un clima di serenità e di speranza, e
facendo sentire attorno a loro una più vasta famiglia di fratelli e sorelle in
Cristo. La compassione di Gesù per il pianto della vedova di Nain5 e per
l'implorante preghiera di Giairo6 costituiscono, tra gli altri, alcuni utili punti
di riferimento per imparare a condividere i momenti di pena fisica e morale di
tante famiglie provate. Tutto ciò presuppone un amore disinteressato e ge-
neroso, riflesso e segno dell'amore misericordioso di Dio, che mai abbandona i
suoi figli nella prova, ma sempre li rifornisce di mirabili risorse di cuore e di
3 25, b. 4 Ibid. 5 Cfr Lc 7, 12-17. 6 Cfr Lc 8, 41-56.