pro Gentium Evangelizatione subicimus. Praeterea iubemus episcopalem se-
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giosità più profonda e più pura, dalla ricerca del Dio veramente divino - i
cristiani dei primi secoli hanno riconosciuto se stessi e il loro cammino. Hanno
accolto la loro fede non in modo positivista, o come la via d'uscita da desideri
non appagati; l'hanno compresa come il dissolvimento della nebbia della
religione mitologica per far posto alla scoperta di quel Dio che è Ragione
creatrice e al contempo Ragione-Amore. Per questo, l'interrogarsi della ra-
gione sul Dio più grande come anche sulla vera natura e sul vero senso
dell'essere umano era per loro non una forma problematica di mancanza di
religiosità, ma faceva parte dell'essenza del loro modo di essere religiosi. Non
avevano bisogno, quindi, di sciogliere o accantonare l'interrogarsi socratico,
ma potevano, anzi, dovevano accoglierlo e riconoscere come parte della pro-
pria identità la ricerca faticosa della ragione per raggiungere la conoscenza
della verità intera. Poteva, anzi doveva cosı̀, nell'ambito della fede cristiana,
nel mondo cristiano, nascere l'università.
È necessario fare un ulteriore passo. L'uomo vuole conoscere - vuole
verità. Verità è innanzitutto una cosa del vedere, del comprendere, della
heoqi* a, come la chiama la tradizione greca. Ma la verità non è mai soltanto
teorica. Agostino, nel porre una correlazione tra le Beatitudini del Discorso
della Montagna e i doni dello Spirito menzionati in Isaia 11, ha affermato una
reciprocità tra « scientia » e « tristitia »: il semplice sapere, dice, rende tristi. E
di fatto - chi vede e apprende soltanto tutto ciò che avviene nel mondo,
finisce per diventare triste. Ma verità significa di più che sapere: la conoscen-
za della verità ha come scopo la conoscenza del bene. Questo è anche il senso
dell'interrogarsi socratico: Qual è quel bene che ci rende veri? La verità ci
rende buoni, e la bontà è vera: è questo l'ottimismo che vive nella fede
cristiana, perché ad essa è stata concessa la visione del Logos, della Ragione
creatrice che, nell'incarnazione di Dio, si è rivelata insieme come il Bene,
come la Bontà stessa.
Nella teologia medievale c'è stata una disputa approfondita sul rapporto
tra teoria e prassi, sulla giusta relazione tra conoscere ed agire - una disputa
che qui non dobbiamo sviluppare. Di fatto l'università medievale con le sue
quattro Facoltà presenta questa correlazione. Cominciamo con la Facoltà
che, secondo la comprensione di allora, era la quarta, quella di medicina.
Anche se era considerata più come « arte » che non come scienza, tuttavia, il
suo inserimento nel cosmo dell'universitas significava chiaramente che era
collocata nell'ambito della razionalità, che l'arte del guarire stava sotto la
guida della ragione e veniva sottratta all'ambito della magia. Guarire è un