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Acta Francisci Pp. 485
essere anche sempre immanente, ne deriva che la persona ha la priorità
nei confronti del suo agire e quindi del suo lavoro.
La prima conseguenza è bene espressa dall'affermazione classica operari
sequitur esse: è la persona a decidere circa il proprio operare, l'auto-generazione
è frutto dell'auto-determinazione della persona. Quando il lavoro non è più
espressivo della persona, perché essa non comprende più il senso di ciò che
sta facendo, il lavoro diventa schiavitù; la persona può essere sostituita da
una macchina.
La seconda conseguenza chiama in causa la nozione di giustizia del
lavoro. Il lavoro giusto è quello che non solamente assicura una remune- razione equa, ma corrisponde alla vocazione della persona e perciò è in
grado di dare sviluppo alle sue capacità. Proprio perché il lavoro è trasfor- mativo della persona, il processo attraverso il quale vengono prodotti beni e servizi acquista valenza morale. In altri termini, il luogo di lavoro non è semplicemente il luogo in cui certi elementi vengono trasformati, secondo determinate regole e procedure, in prodotti; ma è anche il luogo in cui si formano (o si trasformano) il carattere e la virtù del lavoratore.
Il riconoscimento di questa dimensione più fortemente personalistica del lavoro è una grande sfida che sta ancora di fronte a noi, anche nelle democrazie liberali dove pure i lavoratori hanno fatto notevoli conquiste.
Infine, non posso non fare parola dei gravi rischi connessi all'invasione, nei livelli alti della cultura e nell'istruzione sia universitaria sia scolare, delle posizioni dell' individualismo libertario. Una caratteristica comune di questo fallace paradigma è che minimizza il bene comune, cioè il "vivere bene", la "vita buona", nel quadro comunitario, ed esalta quell'ideale egoista che ingannevolmente inverte le parole e propone la "bella vita". Se l'individua- lismo afferma che è solo l'individuo che dà valore alle cose e alle relazioni interpersonali e quindi è solo l'individuo che decide cosa è bene e cosa è
male, il libertarismo, oggi di gran moda, predica che per fondare la libertà
e la responsabilità individuale occorre ricorrere all'idea di auto-causazione. Così l'individualismo libertario nega la validità del bene comune, perché
da una parte suppone che l'idea stessa di "comune" implichi la costrizione
almeno di alcuni individui, dall'altra che la nozione di "bene" privi la libertà della sua essenza.
La radicalizzazione dell'individualismo in termini libertari, e dunque an- tisociali, porta a concludere che ognuno ha "diritto" di espandersi fin dove la sua potenza glielo consente anche a prezzo dell'esclusione e marginalizzazione