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Andare a scuola significa aprire la mente ed il cuore alla realtà, nella
ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto
ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà. Andare
a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei
suoi aspetti, delle sue dimensioni. E questo è bellissimo! Nei primi anni si
impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine
ci si specializza. Ma se uno ha imparato ad imparare, ha imparato ad impa-
rare, - è questo il segreto, imparare ad imparare! - questo gli rimane per
sempre, rimane una persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava anche
un grande educatore italiano che era un prete: Don Lorenzo Milani". Così
mi rivolgevo all'educazione italiana, alla scuola italiana, il 10 maggio 2014.
La sua inquietudine, però, non era frutto di ribellione ma di amore e di
tenerezza per i suoi ragazzi, per quello che era il suo gregge, per il quale
soffriva e combatteva, per donargli la dignità che, talvolta, veniva negata.
La sua era un'inquietudine spirituale, alimentata dall'amore per Cristo,
per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava
sempre più come "un ospedale da campo" per soccorrere i feriti, per recu-
perare gli emarginati e gli scartati. Apprendere, conoscere, sapere, parlare
con franchezza per difendere i propri diritti erano verbi che don Lorenzo
coniugava quotidianamente a partire dalla lettura della Parola di Dio e
dalla celebrazione dei sacramenti, tanto che un sacerdote che lo conosceva
molto bene diceva di lui che aveva fatto "indigestione di Cristo". Il Signore
era la luce della vita di don Lorenzo, la stessa che vorrei illuminasse il
nostro ricordo di lui. L'ombra della croce si è allungata spesso sulla sua
vita, ma egli si sentiva sempre partecipe del Mistero Pasquale di Cristo,
e della Chiesa, tanto da manifestare, al suo padre spirituale, il desiderio
che i suoi cari "vedessero come muore un prete cristiano". La sofferenza,
le ferite subite, la Croce, non hanno mai offuscato in lui la luce pasquale
del Cristo Risorto, perché la sua preoccupazione era una sola, che i suoi
ragazzi crescessero con la mente aperta e con il cuore accogliente e pieno
di compassione, pronti a chinarsi sui più deboli e a soccorrere i bisognosi,
come insegna Gesù (cfr Lc 10, 29-37), senza guardare al colore della loro
pelle, alla lingua, alla cultura, all'appartenenza religiosa. Lascio la conclu-
sione, come l'apertura, ancora a don Lorenzo, riportando le parole scritte
ad uno dei suoi ragazzi, a Pipetta, il giovane comunista che gli diceva "se
tutti i preti fossero come Lei, allora …", Don Milani rispondeva: "il giorno