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Acta Francisci Pp. 491
della realtà, dove ogni cosa esiste in collegamento, in interazione continua
con le altre.
E qui arrivo al mio secondo messaggio. Come sarebbe bello se alla cre-
scita delle innovazioni scientifiche e tecnologiche corrispondesse anche una
sempre maggiore equità e inclusione sociale! Come sarebbe bello se, mentre
scopriamo nuovi pianeti lontani, riscoprissimo i bisogni del fratello e della
sorella che mi orbitano attorno! Come sarebbe bello che la fraternità, que-
sta parola così bella e a volte scomoda, non si riducesse solo a assistenza
sociale, ma diventasse atteggiamento di fondo nelle scelte a livello politico,
economico, scientifico, nei rapporti tra le persone, tra i popoli e i Paesi.
Solo l'educazione alla fraternità, a una solidarietà concreta, può superare la
"cultura dello scarto", che non riguarda solo il cibo e i beni, ma prima di
tutto le persone che vengono emarginate da sistemi tecno-economici dove al
centro, senza accorgerci, spesso non c'è più l'uomo, ma i prodotti dell'uomo.
La solidarietà è una parola che tanti vogliono togliere dal dizionario. La
solidarietà però non è un meccanismo automatico, non si può programmare
o comandare: è una risposta libera che nasce dal cuore di ciascuno. Sì, una
risposta libera! Se uno comprende che la sua vita, anche in mezzo a tante
contraddizioni, è un dono, che l'amore è la sorgente e il senso della vita,
come può trattenere il desiderio di fare del bene agli altri?
Per essere attivi nel bene ci vuole memoria, ci vuole coraggio e anche
creatività. Mi hanno detto che a TED c'è riunita tanta gente molto creativa.
Sì, l'amore chiede una risposta creativa, concreta, ingegnosa. Non bastano
i buoni propositi e le formule di rito, che spesso servono solo a tranquil-
lizzare le coscienze. Insieme, aiutiamoci a ricordare che gli altri non sono
statistiche o numeri: l'altro ha un volto, il "tu" è sempre un volto concreto,
un fratello di cui prendersi cura.
C'è una storia che Gesù ha raccontato per far comprendere la differenza
tra chi non si scomoda e chi si prende cura dell'altro. Probabilmente ne
avrete sentito parlare: è la parabola del Buon Samaritano. Quando hanno
chiesto a Gesù chi è il mio prossimo - cioè: di chi devo prendermi cura? -
Gesù ha raccontato questa storia, la storia di un uomo che i ladri avevano
assalito, derubato, percosso e abbandonato lungo la strada. Due persone
molto rispettabili del tempo, un sacerdote e un levita, lo videro, ma pas-
sarono oltre senza fermarsi. Poi arrivò un samaritano, che apparteneva a
una etnia disprezzata, e questo samaritano, alla vista di quell'uomo ferito