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Acta Francisci Pp. 493
e arriva agli occhi, alle orecchie, alle mani. La tenerezza è usare gli occhi
per vedere l'altro, usare le orecchie per sentire l'altro, per ascoltare il
grido dei piccoli, dei poveri, di chi teme il futuro; ascoltare anche il grido
silenzioso della nostra casa comune, della terra contaminata e malata. La
tenerezza significa usare le mani e il cuore per accarezzare l'altro. Per
prendersi cura di lui.
La tenerezza è il linguaggio dei più piccoli, di chi ha bisogno dell'altro:
un bambino si affeziona e conosce il papà e la mamma per le carezze, per
lo sguardo, per la voce, per la tenerezza. A me piace sentire quando il
papà o la mamma parlano al loro piccolo bambino, quando anche loro si
fanno bambini, parlando come parla lui, il bambino. Questa è la tenerezza:
abbassarsi al livello dell'altro. Anche Dio si è abbassato in Gesù per stare
al nostro livello. Questa è la strada percorsa dal Buon Samaritano. Questa
è la strada percorsa da Gesù, che si è abbassato, che ha attraversato tutta
la vita dell'uomo con il linguaggio concreto dell'amore.
Sì, la tenerezza è la strada che hanno percorso gli uomini e le donne
più coraggiosi e forti. Non è debolezza la tenerezza, è fortezza. È la strada
della solidarietà, la strada dell'umiltà. Permettetemi di dirlo chiaramente:
quanto più sei potente, quanto più le tue azioni hanno un impatto sulla
gente, tanto più sei chiamato a essere umile. Perché altrimenti il potere ti
rovina e tu rovinerai gli altri. In Argentina si diceva che il potere è come
il gin preso a digiuno: ti fa girare la testa, ti fa ubriacare, ti fa perdere
l'equilibrio e ti porta a fare del male a te stesso e agli altri, se non lo metti
insieme all'umiltà e alla tenerezza. Con l'umiltà e l'amore concreto, invece,
il potere - il più alto, il più forte - diventa servizio e diffonde il bene.
Il futuro dell'umanità non è solo nelle mani dei politici, dei grandi lea-
der, delle grandi aziende. Sì, la loro responsabilità è enorme. Ma il futuro
è soprattutto nelle mani delle persone che riconoscono l'altro come un "tu"
e se stessi come parte di un "noi".
Abbiamo bisogno gli uni degli altri. E perciò, per favore, ricordatevi
anche di me con tenerezza, perché svolga il compito che mi è stato affidato
per il bene degli altri, di tutti, di tutti voi, di tutti noi.
Grazie.