dell'itinerario quaresimale, ma ci indica pure gli strumenti ascetici e pratici
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pregato, che abbiamo avuto l'incontro con Cristo, è che siamo « per gli altri ».
lontano da loro e quindi non posso dare indicazioni molto concrete - che il
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siologia; l'altra è come dobbiamo noi agire e in noi stessi rendere spirituale il
lavoro pastorale. Cominciamo con quest'ultima domanda. Una certa tensione
tra che cosa devo assolutamente fare e quali riserve spirituali devo avere
rimane sempre. Io lo vedo sempre in Sant'Agostino che si lamenta nelle
prediche. Ho già citato: io amerei tanto vivere con la Parola di Dio, ma devo
dal mattino fino alla sera stare con voi. Agostino tuttavia trova questo
equilibrio essendo sempre a disposizione, ma riservandosi anche momenti di
preghiera, di meditazione della sacra Parola, perché altrimenti non potrebbe
più dire niente. Vorrei qui, in particolare, sottolineare quanto Lei ha detto
circa il fatto che la pastorale non dovrebbe mai essere una semplice strategia,
un lavoro amministrativo, ma sempre restare un lavoro spirituale. Certamen-
te anche l'altro non può totalmente mancare, perché siamo su questa terra e
questi problemi ci sono: come amministrare bene i soldi ecc. Anche questo è
un settore che non può essere totalmente mancante.
Ma l'accento fondamentale deve essere proprio quello che l'essere pastore
è in se stesso un atto spirituale. Lei ha giustamente accennato al Vangelo di
Giovanni, cap. 10, dove il Signore si definisce il buon Pastore. E come primo
momento definitivo, Gesù dice che il Pastore precede. Cioè Lui mostra la
strada, fa prima quanto devono fare gli altri, prende prima la strada che è
la strada per gli altri. Il Pastore precede. Questo vuol dire che Lui stesso vive
innanzitutto la Parola di Dio: è un uomo di preghiera, è un uomo di perdono,
è un uomo che riceve e celebra i Sacramenti come atti di preghiera e di
incontro con il Signore. È un uomo di carità, vissuta e realizzata E cosı̀ tutti
gli atti semplici di colloqui, di incontri, di tutto quanto si deve fare, diventa-
no atti spirituali in comunione con Cristo. Il suo « pro omnibus » diventa il
nostro « pro meis ».
Allora precede e mi sembra che in questo precedere è già detto l'essenziale.
Il capitolo 10 di San Giovanni continua poi riferendo che Gesù ci precede
donando se stesso alla Croce. E questo è anche inevitabile per il sacerdote.
Questo offrire se stesso è anche una partecipazione alla Croce di Cristo ed è
grazie a questo che possiamo anche noi in modo credibile consolare i soffe-
renti, stare con i poveri, con gli emarginati, eccetera.
Quindi in questo programma che Lei ha sviluppato, la spiritualizzazione
del lavoro quotidiano della pastorale è fondamentale. È più facile dirlo che
farlo, ma dobbiamo tentarlo. E per poter spiritualizzare il nostro lavoro, di