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maledire il figlio irriverente e a benedire gli altri, quelli che lo avevano
onorato, dando luogo così a una disuguaglianza tra fratelli nati dallo stesso
grembo.
Nel racconto delle origini della famiglia umana, il peccato di allontana-
mento da Dio, dalla figura del padre e dal fratello diventa un'espressione
del rifiuto della comunione e si traduce nella cultura dell'asservimento (cfr
Gn 9, 25-27), con le conseguenze che ciò implica e che si protraggono di
generazione in generazione: rifiuto dell'altro, maltrattamento delle persone,
violazione della dignità e dei diritti fondamentali, istituzionalizzazione di
diseguaglianze. Di qui, la necessità di una conversione continua all'Alleanza,
compiuta dall'oblazione di Cristo sulla croce, fiduciosi che « dove abbondò
il peccato, sovrabbondò la grazia … per mezzo di Gesù Cristo » ( Rm 5,
20.21). Egli, il Figlio amato (cfr Mt 3, 17), è venuto per rivelare l'amore
del Padre per l'umanità. Chiunque ascolta il Vangelo e risponde all'appello
alla conversione diventa per Gesù « fratello, sorella e madre » ( Mt 12, 50),
e pertanto figlio adottivo di suo Padre (cfr Ef 1, 5).
Non si diventa però cristiani, figli del Padre e fratelli in Cristo, per una
disposizione divina autoritativa, senza l'esercizio della libertà personale, cioè
senza convertirsi liberamente a Cristo. L'essere figlio di Dio segue l'impe-
rativo della conversione: « Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare
nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il
dono dello Spirito Santo » ( At 2, 38). Tutti quelli che hanno risposto con la
fede e la vita a questa predicazione di Pietro sono entrati nella fraternità
della prima comunità cristiana (cfr 1 Pt 2, 17; At 1, 15.16; 6, 3; 15, 23):
ebrei ed ellenisti, schiavi e uomini liberi (cfr 1 Cor 12, 13; Gal 3, 28), la cui
diversità di origine e stato sociale non sminuisce la dignità di ciascuno né
esclude alcuno dall'appartenenza al popolo di Dio. La comunità cristiana
è quindi il luogo della comunione vissuta nell'amore tra i fratelli (cfr Rm
12, 10; 1 Ts 4, 9; Eb 13, 1; 1 Pt 1, 22; 2 Pt 1, 7).
Tutto ciò dimostra come la Buona Novella di Gesù Cristo, mediante il
quale Dio fa « nuove tutte le cose » ( Ap 21, 5),3 sia anche capace di redimere
le relazioni tra gli uomini, compresa quella tra uno schiavo e il suo padrone,
mettendo in luce ciò che entrambi hanno in comune: la filiazione adottiva
e il vincolo di fraternità in Cristo. Gesù stesso disse ai suoi discepoli: « Non
3 Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 11.