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stezza che non vogliamo, ci scoraggiamo e siamo più deboli di fronte alle
tentazioni. Questo avviene perché rimaniamo soli con noi stessi, chiuden-
doci e fuggendo dalla luce; mentre soltanto la grazia del Signore ci libera.
Lasciamoci allora riconciliare, ascoltiamo Gesù che dice a chi è stanco e
oppresso « venite a me ».4 Non rimanere in sé stessi, ma andare da Lui! Lì
ci sono ristoro e pace.
In questa celebrazione sono presenti i Missionari della Misericordia, per
ricevere il mandato di essere segni e strumenti del perdono di Dio. Cari
fratelli, possiate aiutare ad aprire le porte dei cuori, a superare la vergo-
gna, a non fuggire dalla luce. Che le vostre mani benedicano e risollevino
i fratelli e le sorelle con paternità; che attraverso di voi lo sguardo e le
mani del Padre si posino sui figli e ne curino le ferite!
C'è un secondo invito di Dio, che dice, per mezzo del profeta Gioele:
« Ritornate a me con tutto il cuore ».5 Se bisogna ritornare è perché ci siamo
allontanati. È il mistero del peccato: ci siamo allontanati da Dio, dagli altri,
da noi stessi. Non è difficile rendersene conto: tutti vediamo come facciamo
fatica ad avere veramente fiducia in Dio, ad affidarci a Lui come Padre,
senza paura; come è arduo amare gli altri, anziché pensare male di loro;
come ci costa fare il nostro vero bene, mentre siamo attirati e sedotti da
tante realtà materiali, che svaniscono e alla fine ci lasciano poveri. Accanto
a questa storia di peccato, Gesù ha inaugurato una storia di salvezza. Il
Vangelo che apre la Quaresima ci invita a esserne protagonisti, abbracciando
tre rimedi, tre medicine che guariscono dal peccato.6
In primo luogo la preghiera, espressione di apertura e di fiducia nel
Signore: è l'incontro personale con Lui, che accorcia le distanze create dal
peccato. Pregare significa dire: « non sono autosufficiente, ho bisogno di
Te, Tu sei la mia vita e la mia salvezza ». In secondo luogo la carità, per
superare l'estraneità nei confronti degli altri. L'amore vero, infatti, non è
un atto esteriore, non è dare qualcosa in modo paternalistico per acquie-
tarsi la coscienza, ma accettare chi ha bisogno del nostro tempo, della
nostra amicizia, del nostro aiuto. È vivere il servizio, vincendo la tenta-
zione di soddisfarci. In terzo luogo il digiuno, la penitenza, per liberarci
dalle dipendenze nei confronti di quello che passa e allenarci a essere più
4 Mt 11, 28. 5 2, 12. 6 Cfr Mt 6, 1-6.16-18.