separamus territorium, prout in praesens lege civili circumscribitur, munici-
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nanza quotidiana alla sofferenza sia dei nostri vicini e familiari sia di ogni
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dell'unità tra i discepoli di Cristo. In questa prospettiva ho voluto accendere,
per questo bimillenario della nascita dell'Apostolo, una speciale « Fiamma
Paolina », che resterà accesa durante tutto l'anno in uno speciale braciere
posto nel quadriportico della Basilica. Per solennizzare questa ricorrenza
ho anche inaugurato la cosiddetta « Porta Paolina », attraverso la quale sono
entrato nella Basilica accompagnato dal Patriarca di Costantinopoli, dal
Cardinale Arciprete e da altre Autorità religiose. È per me motivo di intima
gioia che l'apertura dell'« Anno Paolino » assuma un particolare carattere
ecumenico per la presenza di numerosi delegati e rappresentanti di altre
Chiese e Comunità ecclesiali, che accolgo con cuore aperto. Saluto in primo
luogo Sua Santità il Patriarca Bartolomeo I e i membri della Delegazione che
lo accompagna, come pure il folto gruppo di laici che da varie parti del mondo
sono venuti a Roma per vivere con Lui e con tutti noi questi momenti di
preghiera e di riflessione. Saluto i Delegati Fraterni delle Chiese che hanno un
vincolo particolare con l'apostolo Paolo - Gerusalemme, Antiochia, Cipro,
Grecia - e che formano l'ambiente geografico della vita dell'Apostolo prima
del suo arrivo a Roma. Saluto cordialmente i Fratelli delle diverse Chiese e
Comunità ecclesiali di Oriente ed Occidente, insieme a tutti voi che avete
voluto prendere parte a questo solenne inizio dell'« Anno » dedicato all'Apo-
stolo delle Genti.
Siamo dunque qui raccolti per interrogarci sul grande Apostolo delle gen-
ti. Ci chiediamo non soltanto: Chi era Paolo? Ci chiediamo soprattutto: Chi è
Paolo? Che cosa dice a me? In questa ora, all'inizio dell'« Anno Paolino » che
stiamo inaugurando, vorrei scegliere dalla ricca testimonianza del Nuovo
Testamento tre testi, in cui appare la sua fisionomia interiore, lo specifico
del suo carattere. Nella Lettera ai Galati egli ci ha donato una professione di
fede molto personale, in cui apre il suo cuore davanti ai lettori di tutti i tempi
e rivela quale sia la molla più intima della sua vita. «Vivo nella fede del Figlio
di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me ».3 Tutto ciò che Paolo fa,
parte da questo centro. La sua fede è l'esperienza dell'essere amato da Gesù
Cristo in modo tutto personale; è la coscienza del fatto che Cristo ha affron-
tato la morte non per un qualcosa di anonimo, ma per amore di lui - di
Paolo - e che, come Risorto, lo ama tuttora, che cioè Cristo si è donato per
lui. La sua fede è l'essere colpito dall'amore di Gesù Cristo, un amore che lo
sconvolge fin nell'intimo e lo trasforma. La sua fede non è una teoria, un'o-
3 Gal 2, 20.