separamus territorium, prout in praesens lege civili circumscribitur, munici-
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nanza quotidiana alla sofferenza sia dei nostri vicini e familiari sia di ogni
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za. In concreto, la speranza di chi crede nel Dio che ha risuscitato Gesù dai
morti si protende con tutta se stessa verso quella felicità e quella gioia piena e
totale che noi chiamiamo vita eterna, ma proprio per questo investe, anima e
trasforma la nostra quotidiana esistenza terrena, dà un orientamento e un
significato non effimero alle nostre piccole speranze come agli sforzi che noi
compiamo per cambiare e rendere meno ingiusto il mondo nel quale viviamo.
Analogamente, la speranza cristiana riguarda certo in modo personale cia-
scuno di noi, la salvezza eterna del nostro io e la sua vita in questo mondo, ma
è anche speranza comunitaria, speranza per la Chiesa e per l'intera famiglia
umana, è cioè « sempre essenzialmente anche speranza per gli altri; solo cosı̀
essa è veramente speranza anche per me ».4
Nella società e nella cultura di oggi, e quindi anche in questa nostra amata
città di Roma, non è facile vivere nel segno della speranza cristiana. Da una
parte, infatti, prevalgono spesso atteggiamenti di sfiducia, delusione e rasse-
gnazione, che contraddicono non soltanto la « grande speranza » della fede, ma
anche quelle « piccole speranze » che normalmente ci confortano nello sforzo di
raggiungere gli obiettivi della vita quotidiana. È diffusa cioè la sensazione
che, per l'Italia come per l'Europa, gli anni migliori siano ormai alle spalle e
che un destino di precarietà e di incertezza attenda le nuove generazioni.
Dall'altra parte, le aspettative di grandi novità e miglioramenti si concen-
trano sulle scienze e le tecnologie, quindi sulle forze e le scoperte dell'uomo,
come se solo da esse potesse venire la soluzione dei problemi. Sarebbe insen-
sato negare o minimizzare l'enorme contributo delle scienze e tecnologie alla
trasformazione del mondo e delle nostre concrete condizioni di vita, ma sa-
rebbe altrettanto miope ignorare che i loro progressi mettono nelle mani
dell'uomo anche abissali possibilità di male e che, in ogni caso, non sono le
scienze e le tecnologie a poter dare un senso alla nostra vita e a poterci
insegnare a distinguere il bene dal male. Perciò, come ho scritto nella Spe
salvi, non è la scienza ma l'amore a redimere l'uomo e questo vale anche
nell'ambito terreno e intramondano.5
Ci avviciniamo cosı̀ al motivo più profondo e decisivo della debolezza della
speranza nel mondo in cui viviamo. Questo motivo alla fine non è diverso da
quello indicato dall'Apostolo Paolo ai cristiani di Efeso, quando ricordava
loro che, prima di incontrare Cristo, erano « senza speranza e senza Dio nel
4 Ibid., 48. 5 Cfr N. 26.