separamus territorium, prout in praesens lege civili circumscribitur, munici-
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nanza quotidiana alla sofferenza sia dei nostri vicini e familiari sia di ogni
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Acta Benedicti Pp. XVI 473
mondo ».6 La nostra civiltà e la nostra cultura, che pure hanno incontrato
Cristo ormai da duemila anni e specialmente qui a Roma sarebbero irricono-
scibili senza la sua presenza, tendono tuttavia troppo spesso a mettere Dio
tra parentesi, ad organizzare senza di Lui la vita personale e sociale, ed anche
a ritenere che di Dio non si possa conoscere nulla, o perfino a negare la sua
esistenza. Ma quando Dio è lasciato da parte nessuna delle cose che veramen-
te ci premono può trovare una stabile collocazione, tutte le nostre grandi e
piccole speranze poggiano sul vuoto. Per « educare alla speranza », come ci
proponiamo in questo Convegno e nel prossimo anno pastorale, è dunque
anzitutto necessario aprire a Dio il nostro cuore, la nostra intelligenza e tutta
la nostra vita, per essere cosı̀, in mezzo ai nostri fratelli, suoi credibili testi-
moni.
Nei nostri precedenti Convegni diocesani abbiamo già riflettuto sulle cau-
se dell'attuale emergenza educativa e sulle proposte che possono servire a
superarla. Nei mesi scorsi, anche attraverso la mia lettera sul compito urgen-
te dell'educazione, abbiamo inoltre cercato di coinvolgere l'intera città, in
particolare le famiglie e le scuole, in questa impresa comune. Non è quindi
necessario ritornare ora su questi aspetti. Vediamo piuttosto come educarci
concretamente alla speranza, rivolgendo la nostra attenzione ad alcuni « luo-
ghi » del suo pratico apprendimento ed effettivo esercizio, che ho già indivi-
duato nella Spe salvi. Tra questi luoghi trova posto anzitutto la preghiera,
con la quale ci apriamo e ci rivolgiamo a Colui che è l'origine e il fondamento
della nostra speranza. La persona che prega non è mai totalmente sola perché
Dio è l'unico che, in ogni situazione e in qualunque prova, è sempre in grado
di ascoltarla e di aiutarla. Attraverso la perseveranza nella preghiera il Si-
gnore allarga il nostro desiderio e dilata il nostro animo, rendendoci più
capaci di accoglierlo in noi. Il giusto modo di pregare è pertanto un processo
di purificazione interiore. Dobbiamo esporci allo sguardo di Dio, a Dio stesso
e cosı̀ nella luce del volto di Dio cadono le menzogne, le ipocrisie. Questo
esporsi nella preghiera al volto di Dio è realmente una purificazione che ci
rinnova, ci libera e ci apre non solo a Dio, ma anche ai fratelli. È dunque
l'opposto di una fuga dalle nostre responsabilità verso il prossimo. Al con-
trario, attraverso la preghiera impariamo a tenere il mondo aperto a Dio e a
diventare ministri della speranza per gli altri. Perché parlando con Dio ve-
diamo tutta la comunità della Chiesa, comunità umana, tutti i fratelli, e
6 Ef 2, 12.