Prudens haec mulier Metis die XXV mensis Augusti anno MDCCCXVII divite
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civiltà, che noi cristiani esprimiamo affermando che gli uomini sono tutti figli
di Dio e quindi tutti fratelli. Si tratta di una verità che sta fin dal principio
dietro di noi e al tempo stesso ci sta sempre davanti, come un progetto a cui
sempre tendere in ogni costruzione sociale.
Ricchissimo è il Magistero della Chiesa che si è sviluppato a partire pro-
prio da questa visione di Dio e dell'uomo. Basta percorrere i capitoli più
importanti della Dottrina Sociale della Chiesa, a cui hanno dato apporti
sostanziali i miei venerati Predecessori, in particolare negli ultimi centoven-
t'anni, facendosi autorevoli interpreti e guide del movimento sociale di ispi-
razione cristiana. Vorrei qui oggi menzionare solo la recente Nota pastorale
dell'Episcopato italiano « Rigenerati per una speranza viva »: testimoni del
grande « sı̀ » di Dio all'uomo.7 Questa Nota propone due priorità: anzitutto,
la scelta del « primato di Dio »: tutta la vita e l'opera della Chiesa dipendono
dal mettere al primo posto Dio, ma non un Dio generico, bensı̀ il Signore con
il suo nome e il suo volto, il Dio dell'Alleanza che ha fatto uscire il popolo
dalla schiavitù d'Egitto, ha risuscitato Cristo dai morti e vuole condurre
l'umanità alla libertà nella pace e nella giustizia. L'altra scelta è quella di
porre al centro la persona e l'unità della sua esistenza, nei diversi ambiti in
cui si dispiega: la vita affettiva, il lavoro e la festa, la fragilità sua propria, la
tradizione, la cittadinanza. Il Dio uno e trino e la persona in relazione: questi
sono i due riferimenti che la Chiesa ha il compito di offrire ad ogni genera-
zione umana, quale servizio alla costruzione di una società libera e solidale.
La Chiesa lo fa certamente con la sua dottrina, ma soprattutto mediante la
testimonianza, che non per nulla è la terza scelta fondamentale dell'Episco-
pato italiano: testimonianza personale e comunitaria, in cui convergono vita
spirituale, missione pastorale e dimensione culturale.
In una società tesa tra globalizzazione e individualismo, la Chiesa è chia-
mata ad offrire la testimonianza della koinonı̀a, della comunione. Questa
realtà non viene « dal basso » ma è un mistero che ha, per cosı̀ dire, le « radici
in cielo »: proprio in Dio uno e trino. È Lui, in se stesso, l'eterno dialogo
d'amore che in Gesù Cristo si è comunicato a noi, è entrato nel tessuto
dell'umanità e della storia per condurle alla pienezza. Ed ecco allora la grande
sintesi del Concilio Vaticano II: la Chiesa, mistero di comunione, « è in Cristo
come un sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e
dell'unità di tutto il genere umano ».8 Anche qui, in questa grande Città, come
7 29.VI.2007. 8 Cost. Lumen gentium, 1.