496 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
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Congregatio de Causis Sanctorum 571
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Congregatio de Causis Sanctorum 573
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Congregatio de Causis Sanctorum 575
576 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 577
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Congregatio de Causis Sanctorum 579
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584 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio pro Gentium Evangelizatione 585
586 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio pro Gentium Evangelizatione 587
Acta Francisci Pp. 551
una corretta e non riduttiva lettura dell'opera di Dante soprattutto nella
formazione scolastica ed universitaria.
Il beato Paolo VI, poi, ebbe particolarmente a cuore la figura e l'opera di
Dante, a cui dedicò, a conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, esat-
tamente cinquant'anni fa, la bellissima Lettera Apostolica Altissimi cantus,
in cui indicava, con grande sensibilità e profondità, le linee fondamentali e
sempre vive dell'opera dantesca. Paolo VI con forza e intensità affermava
che « nostro è Dante! Nostro, vogliamo dire, della fede cattolica » (n. 9).
Quanto al fine dell'opera dantesca, Paolo VI affermava chiaramente: « Il fine
della Commedia è primariamente pratico e trasformante. Non si propone
solo di essere poeticamente bella e moralmente buona, ma in alto grado
di cambiare radicalmente l'uomo e di portarlo dal disordine alla saggezza,
dal peccato alla santità, dalla miseria alla felicità, dalla contemplazione
terrificante dell'inferno a quella beatificante del paradiso » (n. 17). Citava,
poi, il significativo passo della lettera del Poeta a Can Grande della Scala:
« Il fine del tutto e della parte è togliere dallo stato di miseria i viventi in
questa vita e condurli allo stato di felicità » (n. 17).
Anche san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si sono spesso riferiti
alle opere del Sommo Poeta e lo hanno più volte citato. E nella mia prima
Enciclica, Lumen fidei, ho scelto anch'io di attingere a quell'immenso patri-
monio di immagini, di simboli, di valori costituito dall'opera dantesca. Per
descrivere la luce della fede, luce da riscoprire e recuperare affinché illumi-
ni tutta l'esistenza umana, mi sono basato proprio sulle suggestive parole
del Poeta, che la rappresenta come « favilla, / che si dilata in fiamma poi
vivace / e come stella in cielo in me scintilla » (n. 4; cfr Par. XXIV, 145-147).
Alla vigilia del Giubileo Straordinario della Misericordia, che si aprirà l'8
dicembre prossimo, a cinquant'anni dalla conclusione del Concilio Vaticano
II, auspico vivamente che le celebrazioni del 750° anniversario della nascita
di Dante, come quelle in preparazione al VII centenario della sua morte
nel 2021, possano far sì che la figura dell'Alighieri e la sua opera siano
nuovamente comprese e valorizzate, anche per accompagnarci nel nostro
percorso personale e comunitario. La Commedia può essere letta, infatti,
come un grande itinerario, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale
e interiore, sia comunitario, ecclesiale, sociale e storico. Essa rappresenta il
paradigma di ogni autentico viaggio in cui l'umanità è chiamata a lasciare
quella che Dante definisce « l'aiuola che ci fa tanto feroci » ( Par. XX, 151) per