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Obschon diese Herausforderungen von allen Mitgliedern der internatio-
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Sequenti mense Iulio relinquere potuit valetudinarium et in sedem novitiatus
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dell'Apostolo è una commovente professione di fede: «Mio Signore e mio
Dio! ».3
« Mio Signore e mio Dio »! Rinnoviamo anche noi la professione di fede
di Tommaso. Come augurio pasquale, quest'anno, ho voluto scegliere
proprio le sue parole, perché l'odierna umanità attende dai cristiani una
rinnovata testimonianza della risurrezione di Cristo; ha bisogno di incon-
trarlo e di poterlo conoscere come vero Dio e vero Uomo. Se in questo
Apostolo possiamo riscontrare i dubbi e le incertezze di tanti cristiani di
oggi, le paure e le delusioni di innumerevoli nostri contemporanei, con lui
possiamo anche riscoprire con convinzione rinnovata la fede in Cristo
morto e risorto per noi. Questa fede, tramandata nel corso dei secoli dai
successori degli Apostoli, continua, perché il Signore risorto non muore
più. Egli vive nella Chiesa e la guida saldamente verso il compimento del
suo eterno disegno di salvezza.
Ciascuno di noi può essere tentato dall'incredulità di Tommaso. Il dolore,
il male, le ingiustizie, la morte, specialmente quando colpiscono gli innocenti
- ad esempio, i bambini vittime della guerra e del terrorismo, delle malattie
e della fame - non mettono forse a dura prova la nostra fede? Eppure
paradossalmente, proprio in questi casi, l'incredulità di Tommaso ci è utile
e preziosa, perché ci aiuta a purificare ogni falsa concezione di Dio e ci
conduce a scoprirne il volto autentico: il volto di un Dio che, in Cristo, si è
caricato delle piaghe dell'umanità ferita. Tommaso ha ricevuto dal Signore e,
a sua volta, ha trasmesso alla Chiesa il dono di una fede provata dalla pas-
sione e morte di Gesù e confermata dall'incontro con Lui risorto. Una fede
che era quasi morta ed è rinata grazie al contatto con le piaghe di Cristo, con
le ferite che il Risorto non ha nascosto, ma ha mostrato e continua a indicarci
nelle pene e nelle sofferenze di ogni essere umano.
«Dalle sue piaghe siete stati guariti »,4 è questo l'annuncio che Pietro
rivolgeva ai primi convertiti. Quelle piaghe, che per Tommaso erano dappri-
ma un ostacolo alla fede, perché segni dell'apparente fallimento di Gesù;
quelle stesse piaghe sono diventate, nell'incontro con il Risorto, prove di
un amore vittorioso. Queste piaghe che Cristo ha contratto per amore nostro
ci aiutano a capire chi è Dio e a ripetere anche noi: «Mio Signore e mio Dio ».
Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro
dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede.
3 Gv 20, 27-28. 4 1 Pt 2, 24.