ACTA BENEDICTI PP. XVI

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 Obschon diese Herausforderungen von allen Mitgliedern der internatio-

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 Sequenti mense Iulio relinquere potuit valetudinarium et in sedem novitiatus

 NEAPOLITANA

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 Congregatio de Causis Sanctorum 377

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 Congregatio de Causis Sanctorum 387

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 Congregatio pro Episcopis 395

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dell'Apostolo è una commovente professione di fede: «Mio Signore e mio

Dio! ».3

« Mio Signore e mio Dio »! Rinnoviamo anche noi la professione di fede

di Tommaso. Come augurio pasquale, quest'anno, ho voluto scegliere

proprio le sue parole, perché l'odierna umanità attende dai cristiani una

rinnovata testimonianza della risurrezione di Cristo; ha bisogno di incon-

trarlo e di poterlo conoscere come vero Dio e vero Uomo. Se in questo

Apostolo possiamo riscontrare i dubbi e le incertezze di tanti cristiani di

oggi, le paure e le delusioni di innumerevoli nostri contemporanei, con lui

possiamo anche riscoprire con convinzione rinnovata la fede in Cristo

morto e risorto per noi. Questa fede, tramandata nel corso dei secoli dai

successori degli Apostoli, continua, perché il Signore risorto non muore

più. Egli vive nella Chiesa e la guida saldamente verso il compimento del

suo eterno disegno di salvezza.

Ciascuno di noi può essere tentato dall'incredulità di Tommaso. Il dolore,

il male, le ingiustizie, la morte, specialmente quando colpiscono gli innocenti

- ad esempio, i bambini vittime della guerra e del terrorismo, delle malattie

e della fame - non mettono forse a dura prova la nostra fede? Eppure

paradossalmente, proprio in questi casi, l'incredulità di Tommaso ci è utile

e preziosa, perché ci aiuta a purificare ogni falsa concezione di Dio e ci

conduce a scoprirne il volto autentico: il volto di un Dio che, in Cristo, si è

caricato delle piaghe dell'umanità ferita. Tommaso ha ricevuto dal Signore e,

a sua volta, ha trasmesso alla Chiesa il dono di una fede provata dalla pas-

sione e morte di Gesù e confermata dall'incontro con Lui risorto. Una fede

che era quasi morta ed è rinata grazie al contatto con le piaghe di Cristo, con

le ferite che il Risorto non ha nascosto, ma ha mostrato e continua a indicarci

nelle pene e nelle sofferenze di ogni essere umano.

«Dalle sue piaghe siete stati guariti »,4 è questo l'annuncio che Pietro

rivolgeva ai primi convertiti. Quelle piaghe, che per Tommaso erano dappri-

ma un ostacolo alla fede, perché segni dell'apparente fallimento di Gesù;

quelle stesse piaghe sono diventate, nell'incontro con il Risorto, prove di

un amore vittorioso. Queste piaghe che Cristo ha contratto per amore nostro

ci aiutano a capire chi è Dio e a ripetere anche noi: «Mio Signore e mio Dio ».

Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro

dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede.

3 Gv 20, 27-28. 4 1 Pt 2, 24.