1232 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
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1292 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1294 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1296 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1298 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1300 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1302 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1304 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1306 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1308 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1310 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1312 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
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1320 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1322 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1324 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1326 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1328 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1330 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
1332 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio pro Episcopis 1333
1334 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Acta Francisci Pp. 1291
Che Dio protegga la Chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d'im-
magine, di denaro. La povertà evangelica è creativa, accoglie, sostiene ed
è ricca di speranza.
Siamo qui a Firenze, città della bellezza. Quanta bellezza in questa città
è stata messa a servizio della carità! Penso allo Spedale degli Innocenti, ad
esempio. Una delle prime architetture rinascimentali è stata creata per il
servizio di bambini abbandonati e madri disperate. Spesso queste mamme
lasciavano, insieme ai neonati, delle medaglie spezzate a metà, con le quali
speravano, presentando l'altra metà, di poter riconoscere i propri figli in
tempi migliori. Ecco, dobbiamo immaginare che i nostri poveri abbiano una
medaglia spezzata. Noi abbiamo l'altra metà. Perché la Chiesa madre ha in
Italia metà della medaglia di tutti e riconosce tutti i suoi figli abbandonati,
oppressi, affaticati. E questo da sempre è una delle vostre virtù, perché
ben sapete che il Signore ha versato il suo sangue non per alcuni, né per
pochi né per molti, ma per tutti.
Vi raccomando anche, in maniera speciale, la capacità di dialogo e di
incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la
propria « fetta » della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cer-
care il bene comune per tutti. Discutere insieme, oserei dire arrabbiarsi
insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti. Molte volte l'incontro si
trova coinvolto nel conflitto. Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e pre-
vedibile che sia così. E non dobbiamo temerlo né ignorarlo ma accettarlo.
« Accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello
di collegamento di un nuovo processo ».27
Ma dobbiamo sempre ricordare che non esiste umanesimo autentico che
non contempli l'amore come vincolo tra gli esseri umani, sia esso di natura
interpersonale, intima, sociale, politica o intellettuale. Su questo si fonda
la necessità del dialogo e dell'incontro per costruire insieme con gli altri
la società civile. Noi sappiamo che la migliore risposta alla conflittualità
dell'essere umano del celebre homo homini lupus di Thomas Hobbes è l'« Ecce
homo » di Gesù che non recrimina, ma accoglie e, pagando di persona, salva.
La società italiana si costruisce quando le sue diverse ricchezze culturali
possono dialogare in modo costruttivo: quella popolare, quella accademica,
quella giovanile, quella artistica, quella tecnologica, quella economica, quella
politica, quella dei media... La Chiesa sia fermento di dialogo, di incontro,
27 Evangelii gaudium, 227.