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902 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
904 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
906 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
908 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
910 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
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922 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
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926 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 927
928 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 929
930 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 931
932 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
934 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
936 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
938 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
940 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
942 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 943
944 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 945
946 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
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Acta Francisci Pp. 911
VII
Summo Pontifice Eucharistiam, apud Sanctuarium Sancto Ioanni Paulo II dicatum, celebrante.*1
Il passo del Vangelo che abbiamo ascoltato (cfr Gv 20, 19-31) ci parla
di un luogo, di un discepolo e di un libro.
Il luogo è quello dove si trovavano i discepoli la sera di Pasqua: di esso
si dice solo che le sue porte erano chiuse (cfr v. 19). Otto giorni dopo, i
discepoli si trovavano ancora in quella casa, e le porte erano ancora chiuse
(cfr v. 26). Gesù vi entra, si pone in mezzo e porta la sua pace, lo Spirito
Santo e il perdono dei peccati: in una parola, la misericordia di Dio. Dentro
questo luogo chiuso risuona forte l'invito che Gesù rivolge ai suoi: « Come
il Padre ha mandato me, anche io mando voi » (v. 21).
Gesù manda. Lui desidera, fin dall'inizio, che la Chiesa sia in uscita, vada
nel mondo. E vuole che lo faccia così come Lui stesso ha fatto, come Lui è
stato mandato nel mondo dal Padre: non da potente, ma nella condizione
di servo (cfr Fil 2, 7), non « per farsi servire, ma per servire » ( Mc 10, 45)
e per portare il lieto annuncio (cfr Lc 4, 18); così anche i suoi sono inviati,
in ogni tempo. Colpisce il contrasto: mentre i discepoli chiudevano le porte
per timore, Gesù li invia in missione; vuole che aprano le porte ed escano
a diffondere il perdono e la pace di Dio, con la forza dello Spirito Santo.
Questa chiamata è anche per noi. Come non sentirvi l'eco del grande
invito di san Giovanni Paolo II: "Aprite le porte!"? Tuttavia, nella nostra vita
di sacerdoti e consacrati può esserci spesso la tentazione di rimanere un po'
rinchiusi, per timore o per comodità, in noi stessi e nei nostri ambiti. La
direzione che Gesù indica è però a senso unico: uscire da noi stessi. È un
viaggio senza biglietto di ritorno. Si tratta di compiere un esodo dal nostro
io, di perdere la vita per Lui (cfr Mc 8, 35), seguendo la via del dono di sé.
D'altra parte, Gesù non ama le strade percorse a metà, le porte lasciate
socchiuse, le vite a doppio binario. Chiede di mettersi in cammino leggeri,
di uscire rinunciando alle proprie sicurezze, saldi solo in Lui.
In altre parole, la vita dei suoi discepoli più intimi, quali siamo chiamati
ad essere, è fatta di amore concreto, cioè di servizio e disponibilità; è una
vita dove non esistono spazi chiusi e proprietà private per i propri comodi
* Die 30 Iulii 2016.