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Acta Benedicti Pp. XVI 269
Torniamo alla prima Lettura, che ci offre un altro elemento di meditazio-
ne. Vi si parla di una riunione di preghiera, che avviene proprio nella città
samaritana evangelizzata dal diacono Filippo. A presiederla sono gli apostoli
Pietro e Giovanni, due « colonne » della Chiesa, venuti da Gerusalemme per far
visita a questa nuova comunità e confermarla nella fede. Grazie all'imposi-
zione delle loro mani, lo Spirito Santo scese su quanti erano stati battezzati.
Possiamo vedere in quest'episodio una prima attestazione del rito della « Con-
fermazione », il secondo Sacramento dell'iniziazione cristiana. Anche per noi,
qui riuniti, il riferimento al gesto rituale dell'imposizione delle mani è quanto
mai significativo. È infatti il gesto centrale anche del rito di Ordinazione,
mediante il quale tra poco io conferirò ai candidati la dignità presbiterale. È
un segno inseparabile dalla preghiera, della quale costituisce un prolunga-
mento silenzioso. Senza dire parole, il Vescovo consacrante e dopo di lui gli
altri sacerdoti pongono le mani sul capo degli ordinandi, esprimendo cosı̀
l'invocazione a Dio perché effonda il suo Spirito su di loro e li trasformi
rendendoli partecipi del Sacerdozio di Cristo. Si tratta di pochi secondi, un
tempo brevissimo, ma carico di straordinaria densità spirituale.
Cari Ordinandi, in futuro dovrete sempre ritornare a questo momento, a
questo gesto che non ha nulla di magico, eppure è cosı̀ ricco di mistero, perché
qui è l'origine della vostra nuova missione. In quella preghiera silenziosa
avviene l'incontro tra due libertà: la libertà di Dio, operante mediante lo
Spirito Santo, e la libertà dell'uomo. L'imposizione delle mani esprime pla-
sticamente la specifica modalità di questo incontro: la Chiesa, impersonata
dal Vescovo in piedi con le mani protese, prega lo Spirito Santo di consacrare
il candidato; il diacono, in ginocchio, riceve l'imposizione delle mani e si
affida a tale mediazione. L'insieme dei gesti è importante, ma infinitamente
più importante è il movimento spirituale, invisibile, che esso esprime; movi-
mento ben evocato dal sacro silenzio, che tutto avvolge all'interno e all'e-
sterno.
Ritroviamo questo misterioso «movimento » trinitario, che conduce lo
Spirito Santo e il Figlio a dimorare nei discepoli, anche nella pericope evan-
gelica. Qui è Gesù stesso a promettere che pregherà il Padre affinché mandi ai
suoi lo Spirito, definito « un altro Paraclito »,5 termine greco che equivale al
latino « ad-vocatus », avvocato difensore. Il primo Paraclito infatti è il Figlio
5 Gv 14, 16.