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930 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
932 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio pro Gentium Evangelizatione 933
934 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
Congregatiopro Gentium Evangelizatione 935
936 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
Congregatiopro Gentium Evangelizatione 937
938 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 939
940 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 941
942 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 943
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che costituiscono la vita degli esseri umani come nella nostra epoca. Pen-
so al deterioramento dell'ambiente: questo è pericoloso, pensiamo un po'
avanti, alla guerra dell'acqua che viene; agli squilibri sociali; alla terribile
potenza delle armi - ne abbiamo parlato tanto, in questi giorni; al sistema
economico-finanziario, il quale ha al centro non l'uomo, ma il denaro, il dio
denaro; allo sviluppo e al peso dei mezzi di informazione, con tutta la loro
positività, di comunicazione, di trasporto. È un cambiamento che riguarda
il modo stesso in cui l'umanità porta avanti la sua esistenza nel mondo.
2. Di fronte a questa realtà quali sono le reazioni? Ritorniamo ai due
discepoli di Emmaus: delusi di fronte alla morte di Gesù, si mostrano ras-
segnati e cercano di fuggire dalla realtà, lasciano Gerusalemme. Gli stessi
atteggiamenti li possiamo leggere anche in questo momento storico. Di
fronte alla crisi ci può essere la rassegnazione, il pessimismo verso ogni
possibilità di efficace intervento. In un certo senso è un « chiamarsi fuo-
ri » dalla stessa dinamica dell'attuale tornante storico, denunciandone gli
aspetti più negativi con una mentalità simile a quel movimento spirituale
e teologico del II secolo dopo Cristo che viene chiamato « apocalittico ». Noi
ne abbiamo la tentazione, pensare in chiave apocalittica. Questa concezione
pessimistica della libertà umana e dei processi storici porta ad una sorta
di paralisi dell'intelligenza e della volontà. La disillusione porta anche ad
una sorta di fuga, a ricercare « isole » o momenti di tregua. È qualcosa di
simile all'atteggiamento di Pilato, il « lavarsi le mani ». Un atteggiamento
che appare « pragmatico », ma che di fatto ignora il grido di giustizia, di
umanità e di responsabilità sociale e porta all'individualismo, all'ipocrisia,
se non ad una sorta di cinismo. Questa è la tentazione che noi abbiamo
davanti, se andiamo per questa strada della disillusione o della delusione.
3. A questo punto ci chiediamo: c'è una via da percorrere in questa nostra
situazione? Dobbiamo rassegnarci? Dobbiamo lasciarci oscurare la speran-
za? Dobbiamo fuggire dalla realtà? Dobbiamo « lavarci le mani » e chiuderci
in noi stessi? Penso non solo che ci sia una strada da percorrere, ma che
proprio il momento storico che viviamo ci spinga a cercare e trovare vie di
speranza, che aprano orizzonti nuovi alla nostra società. E qui è prezioso
il ruolo dell'Università. L'Università come luogo di elaborazione e trasmis-
sione del sapere, di formazione alla « sapienza » nel senso più profondo del
termine, di educazione integrale della persona. In questa direzione, vorrei
offrire alcuni brevi spunti su cui riflettere.