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696 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
698 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
700 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
702 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 703
704 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
706 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale
Acta Francisci Pp. 641
Vi auguro che queste domande possano riposare dentro di voi nel si-
lenzio, nella preghiera tranquilla, nel dialogo franco e fraterno: le risposte
che fioriranno vi aiuteranno a individuare anche le proposte formative su
cui investire con coraggio.
1. Che cosa, dunque, dà sapore alla vita del « nostro » presbitero? Il con-
testo culturale è molto diverso da quello in cui ha mosso i primi passi nel
ministero. Anche in Italia tante tradizioni, abitudini e visioni della vita
sono state intaccate da un profondo cambiamento d'epoca.
Noi, che spesso ci ritroviamo a deplorare questo tempo con tono amaro
e accusatorio, dobbiamo avvertirne anche la durezza: nel nostro ministero,
quante persone incontriamo che sono nell'affanno per la mancanza di rife-
rimenti a cui guardare! Quante relazioni ferite! In un mondo in cui ciascuno
si pensa come la misura di tutto, non c'è più posto per il fratello.
Su questo sfondo, la vita del nostro presbitero diventa eloquente, perché
diversa, alternativa. Come Mosè, egli è uno che si è avvicinato al fuoco e
ha lasciato che le fiamme bruciassero le sue ambizioni di carriera e potere.
Ha fatto un rogo anche della tentazione di interpretarsi come un « devoto »,
che si rifugia in un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco.
È scalzo, il nostro prete, rispetto a una terra che si ostina a credere e
considerare santa. Non si scandalizza per le fragilità che scuotono l'animo
umano: consapevole di essere lui stesso un paralitico guarito, è distante
dalla freddezza del rigorista, come pure dalla superficialità di chi vuole
mostrarsi accondiscendente a buon mercato. Dell'altro accetta, invece, di
farsi carico, sentendosi partecipe e responsabile del suo destino.
Con l'olio della speranza e della consolazione, si fa prossimo di ognuno,
attento a condividerne l'abbandono e la sofferenza. Avendo accettato di non
disporre di sé, non ha un'agenda da difendere, ma consegna ogni mattina
al Signore il suo tempo per lasciarsi incontrare dalla gente e farsi incon-
tro. Così, il nostro sacerdote non è un burocrate o un anonimo funzionario
dell'istituzione; non è consacrato a un ruolo impiegatizio, né è mosso dai
criteri dell'efficienza.
Sa che l'Amore è tutto. Non cerca assicurazioni terrene o titoli onorifi-
ci, che portano a confidare nell'uomo; nel ministero per sé non domanda
nulla che vada oltre il reale bisogno, né è preoccupato di legare a sé le
persone che gli sono affidate. Il suo stile di vita semplice ed essenziale,
sempre disponibile, lo presenta credibile agli occhi della gente e lo avvicina