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gioca la vita nella sua efficacia - serve o non serve? -, nell'essere disponi-
bile e incidere nella realtà in modo preciso, adeguato. Siamo strumento se
veramente la gente si incontra con il Dio misericordioso. A noi spetta « far
sì che si incontrino », che si trovino faccia a faccia. Quello che poi faranno
è cosa loro. C'è un figlio prodigo nel porcile e un padre che tutte le sere
sale in terrazza per vedere se arriva; c'è una pecora perduta e un pastore
che è andato a cercarla; c'è un ferito abbandonato al bordo della strada e
un samaritano che ha il cuore buono. Qual è, dunque, il nostro ministero?
Essere segni e strumenti perché questi si incontrino. Teniamo ben chiaro
che noi non siamo né il padre, né il pastore, né il samaritano. Piuttosto
siamo accanto agli altri tre, in quanto peccatori. Il nostro ministero dev'es-
sere segno e strumento di tale incontro. Perciò ci poniamo nell'ambito del
mistero dello Spirito Santo, che è Colui che crea la Chiesa, Colui che fa
l'unità, Colui che ravviva ogni volta l'incontro.
L'altra cosa propria di un segno e di uno strumento è di non essere au-
toreferenziale, per dirlo in maniera difficile. Nessuno si ferma al segno una
volta che ha compreso la cosa; nessuno si ferma a guardare il cacciavite o
il martello, ma guarda il quadro che è stato ben fissato. Siamo servi inutili.
Ecco, strumenti e segni che furono molto utili per altri due che si unirono
in un abbraccio, come il padre col figlio.
La terza caratteristica propria del segno e dello strumento è la loro
disponibilità. Che sia pronto all'uso lo strumento, che sia visibile il segno.
L'essenza del segno e dello strumento è di essere mediatori, disponibili.
Forse qui si trova la chiave della nostra missione in questo incontro della
misericordia di Dio con l'uomo. Probabilmente è più chiaro usare un ter-
mine negativo. Sant'Ignazio parlava di « non essere impedimento ». Un buon
mediatore è colui che facilita le cose e non pone impedimenti. Nella mia
terra c'era un grande confessore, il padre Cullen, che si sedeva nel con-
fessionale e, quando non c'era gente, faceva due cose: una era aggiustare
palloni di cuoio per i ragazzi che giocavano a calcio, l'altra era leggere
un grande dizionario di cinese. Era stato tanto tempo in Cina, e voleva
conservare la lingua. Diceva lui che quando la gente lo vedeva in attività
così inutili, come aggiustare vecchi palloni, e così a lungo termine, come
leggere un dizionario di cinese, pensava: « Posso avvicinarmi a parlare un
po' con questo prete perché si vede che non ha niente da fare ». Era dispo-
nibile per l'essenziale. Lui aveva un orario per il confessionale, ma era lì.