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vedendo la gente, lo sentiva nelle viscere, nelle budella e perciò guariva e
guariva anche se l'altro « non lo chiedeva bene », come quel lebbroso, o girava
intorno, come la Samaritana, che era come la pavoncella: faceva il verso da
una parte ma aveva il nido dall'altra. Gesù era paziente.
Bisogna imparare dai confessori che sanno fare in modo che il penitente
senta la correzione facendo un piccolo passo avanti, come Gesù, che dava
una penitenza che bastava, e sapeva apprezzare chi ritornava a ringra-
ziare, chi poteva ancora migliorare. Gesù faceva prendere il lettuccio al
paralitico, o si faceva pregare un po' dai ciechi o dalla donna sirofenicia.
Non gli importava se dopo non badavano più a Lui, come il paralitico alla
piscina di Betzatà, o se raccontavano cose che aveva detto loro di non
raccontare e poi sembrava che il lebbroso fosse Lui, perché non poteva
entrare nei villaggi o i suoi nemici trovavano motivi per condannarlo. Lui
guariva, perdonava, dava sollievo, riposo, faceva respirare alla gente un
alito dello Spirito consolatore.
Questo che dirò adesso l'ho detto tante volte, forse qualcuno di voi
lo ha sentito. Ho conosciuto, a Buenos Aires, un frate cappuccino - vive
ancora -, poco più giovane di me, che è un grande confessore. Davanti al
confessionale ha sempre la fila, tanta gente - tutti: gente umile, gente be-
nestante, preti, suore, una fila -, un susseguirsi di persone, tutto il giorno
a confessare. E lui è un grande perdonatore. Sempre trova la strada per
perdonare e per far fare un passo avanti. È un dono dello Spirito. Ma, a
volte, gli viene lo scrupolo di aver perdonato troppo. E allora una volta
parlando mi ha detto: « A volte ho questo scrupolo ». E io gli ho chiesto: « E
cosa fai quando hai questo scrupolo? ». « Vado davanti al tabernacolo, guardo
il Signore, e gli dico: Signore, perdonami, oggi ho perdonato molto. Ma che
sia chiaro: la colpa è tua perché sei stato tu a darmi il cattivo esempio! ».
Cioè la misericordia la migliorava con più misericordia.
Infine, su questo tema della Confessione, due consigli. Uno, non abbiate
mai lo sguardo del funzionario, di quello che vede solo « casi » e se li scrolla
di dosso. La misericordia ci libera dall'essere un prete giudice-funzionario,
diciamo, che a forza di giudicare « casi » perde la sensibilità per le persone
e per i volti. Io ricordo quando ero in II Teologia, sono andato con i miei
compagni a sentire l'esame di « audiendas », che si faceva al III Teologia,
prima dell'ordinazione. Andammo per imparare un po', sempre si imparava.
E una volta, ricordo che ad un compagno hanno fatto una domanda, era