pensiero, che estendo volentieri a quanti sono collegati mediante la radio e la
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Acta Benedicti Pp. XVI 923
Vangelo 3 fa pensare ai « piccoli », agli ultimi, ma anche a tante persone sem-
plici e rette, che soffrono per le sopraffazioni, si sentono impotenti di fronte al
perdurare del malessere sociale e sono tentate di scoraggiarsi. A costoro Gesù
ripete: osservate questa povera vedova con quale tenacia insiste e alla fine
ottiene ascolto da un giudice disonesto! Come potreste pensare che il vostro
Padre celeste, buono e fedele e potente, il quale desidera solo il bene dei suoi
figli, non vi faccia a suo tempo giustizia? La fede ci assicura che Dio ascolta la
nostra preghiera e ci esaudisce al momento opportuno, anche se l'esperienza
quotidiana sembra smentire questa certezza. In effetti, davanti a certi fatti di
cronaca, o a tanti quotidiani disagi della vita di cui i giornali non parlano
neppure, sale spontaneamente al cuore la supplica dell'antico profeta: « Fino a
quando, Signore, implorerò e non ascolti, a te alzerò il grido: "Violenza!" e
non soccorri? ».4 La risposta a questa invocazione accorata è una sola: Dio non
può cambiare le cose senza la nostra conversione, e la nostra vera conversione
inizia con il « grido » dell'anima, che implora perdono e salvezza. La preghiera
cristiana non è pertanto espressione di fatalismo e di inerzia, anzi è l'opposto
dell'evasione dalla realtà, dell'intimismo consolatorio: è forza di speranza,
massima espressione della fede nella potenza di Dio che è Amore e non ci
abbandona. La preghiera che Gesù ci ha insegnato, culminata nel Getsemani,
ha il carattere dell'« agonismo » cioè della lotta, perché si schiera decisamente
al fianco del Signore per combattere l'ingiustizia e vincere il male con il bene;
è l'arma dei piccoli e dei poveri di spirito, che ripudiano ogni tipo di violenza.
Anzi rispondono ad essa con la non violenza evangelica, testimoniando cosı̀
che la verità dell'Amore è più forte dell'odio e della morte.
Questo emerge anche dalla prima Lettura, il celebre racconto della batta-
glia tra gli Israeliti e gli Amaleciti.5 A determinare le sorti di quel duro
conflitto fu proprio la preghiera rivolta con fede al vero Dio. Mentre Giosuè
e i suoi uomini affrontavano sul campo gli avversari, Mosè stava sulla cima
della collina con le mani alzate, nella posizione della persona in preghiera.
Queste mani alzate del grande condottiero garantirono la vittoria di Israele.
Dio era con il suo popolo, ne voleva la vittoria, ma condizionava questo suo
intervento alle mani alzate di Mosè. Sembra incredibile, ma è cosı̀: Dio ha
bisogno delle mani alzate del suo servo! Le braccia levate di Mosè fanno
pensare a quelle di Gesù sulla croce: braccia spalancate ed inchiodate con
3 Cfr Lc 18, 1-8. 4 Ab 1, 2. 5 Cfr Es 17, 8-13a.