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Acta Benedicti Pp. XVI 337
Ebrei in un passo decisivo, che è necessario riportare: «Nei giorni della sua
vita terrena - scrive l'autore riferendosi a Gesù - egli offrı̀ preghiere e
suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo dalla morte
e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio,
imparò l'obbedienza da ciò che patı̀ e, reso perfetto, divenne causa di salvezza
eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio
sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchisedek ».6 In questo testo, che
chiaramente allude all'agonia spirituale del Getsemani, la passione di Cristo
è presentata come una preghiera e come un'offerta. Gesù affronta la sua
« ora », che lo conduce alla morte di croce, immerso in una profonda preghiera,
che consiste nell'unione della sua propria volontà con quella del Padre.
Questa duplice ed unica volontà è una volontà d'amore. Vissuta in questa
preghiera, la tragica prova che Gesù affronta viene trasformata in offerta, in
sacrificio vivente.
Dice la Lettera agli Ebrei che Gesù « venne esaudito ». In che senso? Nel
senso che Dio Padre lo ha liberato dalla morte e lo ha risuscitato. È stato
esaudito proprio per il suo pieno abbandono alla volontà del Padre: il disegno
d'amore di Dio ha potuto compiersi perfettamente in Gesù, che, avendo
obbedito fino all'estremo della morte in croce, è diventato « causa di salvezza »
per tutti coloro che obbediscono a Lui. È diventato cioè sommo Sacerdote per
avere Egli stesso preso su di sé tutto il peccato del mondo, come «Agnello di
Dio ». È il Padre che gli conferisce questo sacerdozio nel momento stesso in cui
Gesù attraversa il passaggio della sua morte e risurrezione. Non è un sacer-
dozio secondo l'ordinamento della legge mosaica,7 ma « secondo l'ordine di
Melchisedek », secondo un ordine profetico, dipendente soltanto dalla sua
singolare relazione con Dio.
Ritorniamo all'espressione della Lettera agli Ebrei che dice: « Pur essendo
Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patı̀ ». Il sacerdozio di Cristo comporta
la sofferenza. Gesù ha veramente sofferto, e lo ha fatto per noi. Egli era il
Figlio e non aveva bisogno di imparare l'obbedienza ma noi sı̀, ne avevamo e
ne abbiamo sempre bisogno. Perciò il Figlio ha assunto la nostra umanità e
per noi si è lasciato « educare » nel crogiuolo della sofferenza, si è lasciato
trasformare da essa, come il chicco di grano che per portare frutto deve
morire nella terra. Attraverso questo processo Gesù è stato « reso perfetto »,
in greco teleiotheis. Dobbiamo fermarci su questo termine, perché è molto
6 5, 8-10. 7 Cfr. Lv 8-9.