ACTA BENEDICTI PP. XVI

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 Acta Benedicti Pp. XVI 319

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 Acta Benedicti Pp. XVI 341

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale342

 Acta Benedicti Pp. XVI 343

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale344

 Acta Benedicti Pp. XVI 345

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale346

 Acta Benedicti Pp. XVI 347

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale348

 Acta Benedicti Pp. XVI 349

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale350

 Acta Benedicti Pp. XVI 351

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale352

 Acta Benedicti Pp. XVI 353

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale354

 Acta Benedicti Pp. XVI 355

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale356

 Acta Benedicti Pp. XVI 357

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale358

 Acta Benedicti Pp. XVI 359

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale360

 Congregatio pro Ecclesiis Orientalibus 361

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale362

 Congregatio pro Episcopis 363

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale364

 Diarium Romanae Curiae 365

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale366

 Diarium Romanae Curiae 367

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale368

Acta Benedicti Pp. XVI 359

che P. Ricci venisse accettato dai cinesi con rispetto e stima, non più come

uno straniero, ma come il «Maestro del grande Occidente ». Nel «Museo del

Millennio » di Pechino solo due stranieri sono ricordati fra i grandi della storia

della Cina: Marco Polo e P. Matteo Ricci.

L'opera di questo missionario presenta due versanti che non devono essere

separati: l'inculturazione cinese dell'annuncio evangelico e la presentazione

alla Cina della cultura e della scienza occidentali. Spesso gli aspetti scientifici

hanno riscosso maggiore interesse, ma non bisogna dimenticare la prospettiva

con cui P. Ricci è entrato in rapporto con il mondo e la cultura cinesi: un

umanesimo che considera la persona inserita nel suo contesto, ne coltiva i

valori morali e spirituali, cogliendo tutto ciò che di positivo si trova nella

tradizione cinese e offrendo di arricchirlo con il contributo della cultura occi-

dentale ma, soprattutto, con la sapienza e la verità di Cristo. P. Ricci non si

reca in Cina per portarvi la scienza e la cultura dell'Occidente, ma per por-

tarvi il Vangelo, per far conoscere Dio. Egli scrive: « Per più di vent'anni ogni

mattina e ogni sera ho pregato in lacrime verso il Cielo. So che il Signore del

Cielo ha pietà delle creature viventi e le perdona (...) La verità sul Signore del

Cielo è già nei cuori degli uomini. Ma gli esseri umani non la comprendono

immediatamente e, inoltre, non sono inclini a riflettere su una simile questio-

ne ».1 Ed è proprio mentre porta il Vangelo, che P. Ricci trova nei suoi

interlocutori la domanda di un confronto più ampio, cosı̀ che l'incontro mo-

tivato dalla fede, diventa anche dialogo fra culture; un dialogo disinteressato,

libero da mire di potere economico o politico, vissuto nell'amicizia, che fa

dell'opera di P. Ricci e dei suoi discepoli uno dei punti più alti e felici nel

rapporto fra la Cina e l'Occidente. Al riguardo, il « Trattato dell'amicizia »

(1595), una delle sue prime e più note opere in cinese, è eloquente. Nel pen-

siero e nell'insegnamento di P. Ricci scienza, ragione e fede trovano una

naturale sintesi: « Chi conosce il cielo e la terra - scrive nella prefazione alla

terza edizione del mappamondo - può provare che Colui che governa il cielo

e la terra è assolutamente buono, assolutamente grande e assolutamente uno.

Gli ignoranti rigettano il Cielo, ma la scienza che non risale all'Imperatore del

Cielo come alla prima causa, non è per niente scienza ».

L'ammirazione verso P. Ricci non deve, però, far dimenticare il ruolo e

l'influsso dei suoi interlocutori cinesi. Le scelte da lui compiute non dipende-

vano da una strategia astratta di inculturazione della fede, ma dall'insieme

1 Il vero significato del « Signore del Cielo », Roma 2006, pp. 69-70.