spiritaliterque pueris, iuvenibus, operariis, senibus promovendis se addixit.
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Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI
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Cristo scelse i dodici Apostoli dopo aver passato sul monte tutta la notte a
pregare (Lc 6, 12); e l'evangelista Marco precisa che i Dodici furono scelti
perché « stessero con lui e per mandarli » (Mc 3, 14). Come gli Apostoli anche
noi, carissimi Confratelli, in quanto loro successori, siamo stati chiamati
innanzitutto per stare con Cristo, per conoscerlo più profondamente ed essere
partecipi del suo mistero di amore e della sua relazione piena di confidenza
con il Padre. Nella preghiera intima e personale il Vescovo, come e più di tutti
i fedeli, è chiamato a crescere nello spirito filiale verso Dio, apprendendo da
Gesù stesso la confidenza, la fiducia e la fedeltà, atteggiamenti suoi propri nel
rapporto col Padre.
E gli Apostoli avevano compreso bene come l'ascolto nella preghiera e
l'annuncio delle cose ascoltate dovevano avere il primato sulle molte cose da
fare, perché decisero: « Noi ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della
parola » (At 6, 4). Questo programma apostolico è quanto mai attuale. Oggi,
nel ministero di un Vescovo, gli aspetti organizzativi sono assorbenti, gli
impegni sono molteplici, le necessità sempre tante, ma il primo posto nella
vita di un successore degli Apostoli deve essere riservato a Dio. Specialmente
cosı̀ aiutiamo i nostri fedeli. Già San Gregorio Magno nella « Regola pastora-
le » avvertiva che il pastore « in modo singolare deve essere capace di elevarsi
su tutti gli altri per la preghiera e la contemplazione.1 È quanto la tradizione
ha poi formulato con la nota espressione: « Contemplata aliis tradere ».2
Nell'Enciclica «Deus caritas est », riferendomi alla narrazione dell'episodio
biblico della scala di Giacobbe, ho voluto evidenziare come proprio attraverso
la preghiera il pastore divenga sensibile ai bisogni degli altri e misericordioso
verso tutti.3 E ho ricordato il pensiero di San Gregorio Magno, secondo il
quale il pastore radicato nella contemplazione sa accogliere le necessità degli
altri, che nella preghiera diventano sue: « per pietatis viscera in se infirmita-
tem caeterorum transferat ».4 La preghiera educa all'amore e apre il cuore alla
carità pastorale per accogliere tutti coloro che ricorrono al Vescovo. Egli,
plasmato interiormente dallo Spirito Santo, consola con il balsamo della
grazia divina, illumina con la luce della Parola, riconcilia ed edifica nella
comunione fraterna. Nella vostra preghiera, cari Confratelli, un particolare
posto devono avere i vostri sacerdoti, affinché siano sempre perseveranti
nella vocazione e fedeli alla missione presbiterale loro affidata. È quanto
mai edificante per ogni sacerdote sapere che il Vescovo, dal quale ha ricevuto
il dono del sacerdozio o che comunque è il suo padre e amico, gli è vicino nella
1 II, 5. 2 Cfr San Tommaso, Summa Theologiae, IIa-IIae, q. 188, art. 6. 3 Cfr n. 7. 4 Regola Pastorale, II, 5.