ACTA BENEDICTI PP. XVI

 spiritaliterque pueris, iuvenibus, operariis, senibus promovendis se addixit.

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 Congregatio de Causis Sanctorum 873

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 Congregatio de Causis Sanctorum 875

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 Congregatio de Causis Sanctorum 877

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 Congregatio de Causis Sanctorum 879

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 Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI

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 Congregatio de Causis Sanctorum 907

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 Congregatio de Causis Sanctorum 911

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 Congregatio de Causis Sanctorum 913

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale914

 Congregatio pro Episcopis 915

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 Diarium Romanae Curiae 917

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale918

 Diarium Romanae Curiae 919

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caratterizza gli Angeli: essi sono messaggeri di Dio. Portano Dio agli uomini,

aprono il cielo e cosı̀ aprono la terra. Proprio perché sono presso Dio, possono

essere anche molto vicini all'uomo. Dio, infatti, è più intimo a ciascuno di noi

di quanto non lo siamo noi stessi. Gli Angeli parlano all'uomo di ciò che

costituisce il suo vero essere, di ciò che nella sua vita tanto spesso è coperto

e sepolto. Essi lo chiamano a rientrare in se stesso, toccandolo da parte di

Dio. In questo senso anche noi esseri umani dovremmo sempre di nuovo

diventare angeli gli uni per gli altri - angeli che ci distolgono da vie sbagliate

e ci orientano sempre di nuovo verso Dio. Se la Chiesa antica chiama i

Vescovi « angeli » della loro Chiesa, intende dire proprio questo: i Vescovi

stessi devono essere uomini di Dio, devono vivere orientati verso Dio. «Mul-

tum orat pro populo » - «Prega molto per il popolo », dice il Breviario della

Chiesa a proposito dei Santi Vescovi. Il Vescovo deve essere un orante, uno

che intercede per gli uomini presso Dio. Più lo fa, più comprende anche le

persone che gli sono affidate e può diventare per loro un angelo - un mes-

saggero di Dio, che le aiuta a trovare la loro vera natura, se stesse, e a vivere

l'idea che Dio ha di loro.

Tutto ciò diventa ancora più chiaro se ora guardiamo le figure dei tre

Arcangeli la cui festa la Chiesa celebra oggi. C'è innanzitutto Michele. Lo

incontriamo nella Sacra Scrittura soprattutto nel Libro di Daniele, nella

Lettera dell'Apostolo San Giuda Taddeo e nell'Apocalisse. Di questo Arcan-

gelo si rendono evidenti in questi testi due funzioni. Egli difende la causa

dell'unicità di Dio contro la presunzione del drago, del « serpente antico »,

come dice Giovanni. È il continuo tentativo del serpente di far credere agli

uomini che Dı̀o deve scomparire, affinché essi possano diventare grandi; che

Dio ci ostacola nella nostra libertà e che perciò noi dobbiamo sbarazzarci di

Lui. Ma il drago non accusa solo Dio. L'Apocalisse lo chiama anche « l'accu-

satore dei nostri fratelli, colui che li accusa davanti a Dio giorno e notte » (12,

10). Chi accantona Dio, non rende grande l'uomo, ma gli toglie la sua dignità.

Allora l'uomo diventa un prodotto mal riuscito dell'evoluzione. Chi accusa

Dio, accusa anche l'uomo. La fede in Dio difende l'uomo in tutte le sue

debolezze ed insufficienze: il fulgore di Dio risplende su ogni singolo. È com-

pito del Vescovo, in quanto uomo di Dio, di far spazio a Dio nel mondo contro

le negazioni e di difendere cosı̀ la grandezza dell'uomo. E che cosa si potrebbe

dire e pensare di più grande sull'uomo del fatto che Dio stesso si è fatto

uomo? L'altra funzione di Michele, secondo la Scrittura, è quella di protettore

del Popolo di Dio (cfr Dn 10, 21; 12, 1). Cari amici, siate veramente « angeli