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che P. Ricci venisse accettato dai cinesi con rispetto e stima, non più come
uno straniero, ma come il «Maestro del grande Occidente ». Nel «Museo del
Millennio » di Pechino solo due stranieri sono ricordati fra i grandi della storia
della Cina: Marco Polo e P. Matteo Ricci.
L'opera di questo missionario presenta due versanti che non devono essere
separati: l'inculturazione cinese dell'annuncio evangelico e la presentazione
alla Cina della cultura e della scienza occidentali. Spesso gli aspetti scientifici
hanno riscosso maggiore interesse, ma non bisogna dimenticare la prospettiva
con cui P. Ricci è entrato in rapporto con il mondo e la cultura cinesi: un
umanesimo che considera la persona inserita nel suo contesto, ne coltiva i
valori morali e spirituali, cogliendo tutto ciò che di positivo si trova nella
tradizione cinese e offrendo di arricchirlo con il contributo della cultura occi-
dentale ma, soprattutto, con la sapienza e la verità di Cristo. P. Ricci non si
reca in Cina per portarvi la scienza e la cultura dell'Occidente, ma per por-
tarvi il Vangelo, per far conoscere Dio. Egli scrive: « Per più di vent'anni ogni
mattina e ogni sera ho pregato in lacrime verso il Cielo. So che il Signore del
Cielo ha pietà delle creature viventi e le perdona (...) La verità sul Signore del
Cielo è già nei cuori degli uomini. Ma gli esseri umani non la comprendono
immediatamente e, inoltre, non sono inclini a riflettere su una simile questio-
ne ».1 Ed è proprio mentre porta il Vangelo, che P. Ricci trova nei suoi
interlocutori la domanda di un confronto più ampio, cosı̀ che l'incontro mo-
tivato dalla fede, diventa anche dialogo fra culture; un dialogo disinteressato,
libero da mire di potere economico o politico, vissuto nell'amicizia, che fa
dell'opera di P. Ricci e dei suoi discepoli uno dei punti più alti e felici nel
rapporto fra la Cina e l'Occidente. Al riguardo, il « Trattato dell'amicizia »
(1595), una delle sue prime e più note opere in cinese, è eloquente. Nel pen-
siero e nell'insegnamento di P. Ricci scienza, ragione e fede trovano una
naturale sintesi: « Chi conosce il cielo e la terra - scrive nella prefazione alla
terza edizione del mappamondo - può provare che Colui che governa il cielo
e la terra è assolutamente buono, assolutamente grande e assolutamente uno.
Gli ignoranti rigettano il Cielo, ma la scienza che non risale all'Imperatore del
Cielo come alla prima causa, non è per niente scienza ».
L'ammirazione verso P. Ricci non deve, però, far dimenticare il ruolo e
l'influsso dei suoi interlocutori cinesi. Le scelte da lui compiute non dipende-
vano da una strategia astratta di inculturazione della fede, ma dall'insieme
1 Il vero significato del « Signore del Cielo », Roma 2006, pp. 69-70.