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rituali. Gesù non ha detto a quanti chiamava: « vieni, ti spiego », « seguimi,
ti istruisco »: no!; la formazione offerta da Cristo ai suoi discepoli è invece
avvenuta tramite un « vieni e seguimi », « fai come faccio io », e questo è il
metodo che anche oggi la Chiesa vuole adottare per i suoi ministri. La for-
mazione di cui parliamo è un'esperienza discepolare, che avvicina a Cristo
e permette di conformarsi sempre più a Lui.
Proprio per questo, essa non può essere un compito a termine, perché
i sacerdoti non smettono mai di essere discepoli di Gesù, di seguirlo. A
volte procediamo spediti, altre volte il nostro passo è incerto, ci fermiamo e
possiamo anche cadere, ma sempre restando in cammino. Quindi, la forma-
zione in quanto discepolato accompagna tutta la vita del ministro ordinato
e riguarda integralmente la sua persona, intellettualmente, umanamente e
spiritualmente. La formazione iniziale e quella permanente vengono distinte
perché richiedono modalità e tempi diversi, ma sono le due metà di una
sola realtà, la vita del discepolo chierico, innamorato del suo Signore e
costantemente alla sua sequela.
Un simile percorso di scoperta e valorizzazione della vocazione ha uno
scopo preciso: l'evangelizzazione. Ogni vocazione è per la missione e la
missione dei ministri ordinati è l'evangelizzazione, in ogni sua forma. Essa
parte in primo luogo dall' « essere », per poi tradursi in un « fare ». I sacer-
doti sono uniti in una fraternità sacramentale, pertanto la prima forma di
evangelizzazione è la testimonianza di fraternità e di comunione tra loro e
con il Vescovo. Da una simile comunione può scaturire un potente slancio
missionario, che libera i ministri ordinati dalla comoda tentazione di essere
più preoccupati del consenso altrui e del proprio benessere che animati dalla
carità pastorale, per l'annuncio del Vangelo, sino alle più remote periferie.
In tale missione evangelizzatrice, i presbiteri sono chiamati ad accre-
scere la consapevolezza di essere pastori, inviati per stare in mezzo al loro
gregge, per rendere presente il Signore tramite l'Eucaristia e per dispensare
la sua misericordia. Si tratta di « essere » preti, non limitandosi a « fare »
i preti, liberi da ogni mondanità spirituale, consci che è la loro vita ad
evangelizzare prima ancora delle loro opere. Quanto è bello vedere sacer-
doti gioiosi nella loro vocazione, con una serenità di fondo, che li sostiene
anche nei momenti di fatica e di dolore! E questo non accade mai senza la
preghiera, quella del cuore, quel dialogo con il Signore… che è il cuore, per
così dire, della vita sacerdotale. Abbiamo bisogno di sacerdoti, mancano le