ACTA APOSTOLICAE SEDIS

 744 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale

 Acta Francisci Pp. 745

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 Acta Francisci Pp. 747

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 Acta Francisci Pp. 749

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 Acta Francisci Pp. 751

 752 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale

 Acta Francisci Pp. 753

 754 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale

 Acta Francisci Pp. 755

 756 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale

 Acta Francisci Pp. 757

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 Acta Francisci Pp. 759

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 Acta Francisci Pp. 765

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 814 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale

Acta Francisci Pp. 791

di Ecclesia mater per spiegarne la natura. Essa infatti genera figli e figlie

e « li incorpora e li avvolge con il proprio amore e con le proprie cure ».4

La Chiesa senza frontiere, madre di tutti, diffonde nel mondo la cultura

dell'accoglienza e della solidarietà, secondo la quale nessuno va considerato

inutile, fuori posto o da scartare. Se vive effettivamente la sua maternità,

la comunità cristiana nutre, orienta e indica la strada, accompagna con

pazienza, si fa vicina nella preghiera e nelle opere di misericordia.

Oggi tutto questo assume un significato particolare. Infatti, in un'epoca

di così vaste migrazioni, un gran numero di persone lascia i luoghi d'origine

e intraprende il rischioso viaggio della speranza con un bagaglio pieno di

desideri e di paure, alla ricerca di condizioni di vita più umane. Non di

rado, però, questi movimenti migratori suscitano diffidenze e ostilità, anche

nelle comunità ecclesiali, prima ancora che si conoscano le storie di vita,

di persecuzione o di miseria delle persone coinvolte. In tal caso, sospetti e

pregiudizi si pongono in conflitto con il comandamento biblico di accogliere

con rispetto e solidarietà lo straniero bisognoso.

Da una parte si avverte nel sacrario della coscienza la chiamata a toccare

la miseria umana e a mettere in pratica il comandamento dell'amore che

Gesù ci ha lasciato quando si è identificato con lo straniero, con chi soffre,

con tutte le vittime innocenti di violenze e sfruttamento. Dall'altra, però, a

causa della debolezza della nostra natura, « sentiamo la tentazione di essere

cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore ».5

Il coraggio della fede, della speranza e della carità permette di ridurre

le distanze che separano dai drammi umani. Gesù Cristo è sempre in atte-

sa di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati, nei profughi e negli

esuli, e anche in questo modo ci chiama a condividere le risorse, talvolta a

rinunciare a qualcosa del nostro acquisito benessere. Lo ricordava il Papa

Paolo VI, dicendo che « i più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro

diritti per mettere con maggiore liberalità i loro beni al servizio degli altri ».6

Del resto, il carattere multiculturale delle società odierne incoraggia la

Chiesa ad assumersi nuovi impegni di solidarietà, di comunione e di evan-

gelizzazione. I movimenti migratori, infatti, sollecitano ad approfondire e a

rafforzare i valori necessari a garantire la convivenza armonica tra persone

4 Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 14. 5 Esort. ap. Evangelii gaudium, 270. 6 Lett. ap. Octogesima adveniens, 14 maggio 1971, 23.