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Congregatio de Causis Sanctorum 487
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Acta Francisci Pp. 475
Il vostro popolo, illuminato dalla luce di Cristo e con la sua grazia, ha superato tante prove e sofferenze, animato dalla speranza che deriva dalla Croce (cfr Rm 8, 31-39). Come ebbe a dirvi san Giovanni Paolo II: « La vostra storia di sofferenza e di martirio è una perla preziosa, di cui va fiera la Chiesa universale. La fede in Cristo, redentore dell'uomo, vi ha infuso un coraggio ammirevole nel cammino, spesso tanto simile a quello della croce, sul quale avete avanzato con determinazione, nel proposito di conservare la vostra identità di popolo e di credenti » (Omelia, 21 novembre 1987).
Questa fede ha accompagnato e sorretto il vostro popolo anche nel tragico evento di cento anni fa che « generalmente viene definito come il primo geno- cidio del XX secolo » (Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione Comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001). Il Papa Benedetto XV, che condannò come « inutile strage » la Prima Guerra Mondiale (AAS, IX [1917], 429), si prodigò fino all'ultimo per impedirlo, riprendendo gli sforzi di mediazione già compiuti dal Papa Leone XIII di fronte ai « funesti eventi » degli anni 1894-96. Egli scrisse per questo al sultano Maometto V, implorando che fossero risparmiati tanti innocenti (cfr Lettera del 10 settembre 1915) e fu ancora lui che, nel Concistoro Segreto del 6 dicembre 1915, affermò con vibrante sgomento: « Mi- serrima Armenorum gens ad interitum prope ducitur », (AAS, VII [1915], 510).
Fare memoria di quanto accaduto è doveroso non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per l'intera famiglia umana, perché il monito che viene da questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la dignità umana. Anche oggi, infatti, questi conflitti talvolta degenerano in violenze ingiustificabili, fomentate strumentalizzan- do le diversità etniche e religiose. Tutti coloro che sono posti a capo delle Nazioni e delle Organizzazioni internazionali sono chiamati ad opporsi a tali crimini con ferma responsabilità, senza cedere ad ambiguità e compromessi.
Questa dolorosa ricorrenza diventi per tutti motivo di riflessione umile e sincera e di apertura del cuore al perdono, che è fonte di pace e di rinnovata speranza. San Gregorio di Narek, formidabile interprete dell'animo umano, sembra pronunciare per noi parole profetiche: « Io mi sono volontariamente caricato di tutte le colpe, da quelle del primo padre fino a quello dell'ultimo dei suoi discendenti, e me ne sono considerato responsabile » ( Libro delle Lamentazioni, LXXII). Quanto ci colpisce questo suo sentimento di univer- sale solidarietà! Come ci sentiamo piccoli di fronte alla grandezza delle sue invocazioni: « Ricordati, [Signore,] … di quelli che nella stirpe umana sono nostri nemici, ma per il loro bene: compi in loro perdono e misericordia