2 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
4 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
6 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
8 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
10 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
12 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
14 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
16 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
18 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
20 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
22 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
24 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
26 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
28 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
30 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
32 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
34 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
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38 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
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44 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 45
46 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
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48 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
Congregatio de Causis Sanctorum 49
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Congregatio de Causis Sanctorum 51
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54 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
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Congregatio de Causis Sanctorum 57
58 Acta Apostolicæ Sedis - Commentarium Officiale
Acta Francisci Pp. 9
IV
In Eucharistica celebratione apud templum Sacratissimi Nominis Iesu occa- sione canonizationis presbyteri Petri Favre.*
San Paolo ci dice, lo abbiamo sentito: « Abbiate gli stessi sentimenti di
Cristo Gesù: egli pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un pri-
vilegio l'essere come Dio ma svuotò se stesso assumendo una condizione di
servo ».1 Noi, gesuiti, vogliamo essere insigniti del nome di Gesù, militare
sotto il vessillo della sua Croce, e questo significa: avere gli stessi sentimenti
di Cristo. Significa pensare come Lui, voler bene come Lui, vedere come
Lui, camminare come Lui. Significa fare ciò che ha fatto Lui e con i suoi
stessi sentimenti, con i sentimenti del suo Cuore.
Il cuore di Cristo è il cuore di un Dio che, per amore, si è « svuotato ».
Ognuno di noi, gesuiti, che segue Gesù dovrebbe essere disposto a svuotare
se stesso. Siamo chiamati a questo abbassamento: essere degli « svuotati ».
Essere uomini che non devono vivere centrati su se stessi perché il centro
della Compagnia è Cristo e la sua Chiesa. E Dio è il Deus semper maior,
il Dio che ci sorprende sempre. E se il Dio delle sorprese non è al cen-
tro, la Compagnia si disorienta. Per questo, essere gesuita significa essere
una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto: perché pensa
sempre guardando l'orizzonte che è la gloria di Dio sempre maggiore, che
ci sorprende senza sosta. E questa è l'inquietudine della nostra voragine.
Questa santa e bella inquietudine!
Ma, perché peccatori, possiamo chiederci se il nostro cuore ha conservato
l'inquietudine della ricerca o se invece si è atrofizzato; se il nostro cuore è
sempre in tensione: un cuore che non si adagia, non si chiude in se stesso,
ma che batte il ritmo di un cammino da compiere insieme a tutto il popo-
lo fedele di Dio. Bisogna cercare Dio per trovarlo, e trovarlo per cercarlo
ancora e sempre. Solo questa inquietudine dà pace al cuore di un gesuita,
una inquietudine anche apostolica, non ci deve far stancare di annunciare
il kerygma, di evangelizzare con coraggio. È l'inquietudine che ci prepara a
ricevere il dono della fecondità apostolica. Senza inquietudine siamo sterili.
* Die 3 Ianuarii 2014. 1 Fil 2, 5-7.