ACTA BENEDICTI PP. XVI

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 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale298

 Acta Benedicti Pp. XVI 299

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale300

 Acta Benedicti Pp. XVI 301

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale302

 Acta Benedicti Pp. XVI 303

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale304

 Acta Benedicti Pp. XVI 305

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale306

 Congregatio pro Episcopis 307

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale308

 Diarium Romanae Curiae 309

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale310

 Diarium Romanae Curiae 311

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale312

Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale274

Nel rito del Battesimo ci sono due elementi in cui questo evento si esprime

e diventa visibile anche come esigenza per la nostra ulteriore vita. C'è anzi-

tutto il rito delle rinunce e delle promesse. Nella Chiesa antica, il battezzando

si volgeva verso occidente, simbolo delle tenebre, del tramonto del sole, della

morte e quindi del dominio del peccato. Il battezzando si volgeva in quella

direzione e pronunciava un triplice « no »: al diavolo, alle sue pompe e al

peccato. Con la strana parola « pompe », cioè lo sfarzo del diavolo, si indicava

lo splendore dell'antico culto degli dèi e dell'antico teatro, in cui si provava

gusto vedendo persone vive sbranate da bestie feroci. Cosı̀ questo « no » era il

rifiuto di un tipo di cultura che incatenava l'uomo all'adorazione del potere,

al mondo della cupidigia, alla menzogna, alla crudeltà. Era un atto di libe-

razione dall'imposizione di una forma di vita, che si offriva come piacere e,

tuttavia, spingeva verso la distruzione di ciò che nell'uomo sono le sue qualità

migliori. Questa rinuncia - con un procedimento meno drammatico - co-

stituisce anche oggi una parte essenziale del Battesimo. In esso leviamo le

« vesti vecchie » con le quali non si può stare davanti a Dio. Detto meglio:

cominciamo a deporle. Questa rinuncia è, infatti, una promessa in cui diamo

la mano a Cristo, affinché Egli ci guidi e ci rivesta. Quali siano le « vesti » che

deponiamo, quale sia la promessa che pronunciamo, si rende evidente quando

leggiamo, nel quinto capitolo della Lettera ai Galati, che cosa Paolo chiami

« opere della carne » - termine che significa precisamente le vesti vecchie da

deporre. Paolo le designa cosı̀: « fornicazione, impurità, dissolutezza, idola-

tria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, in-

vidie, ubriachezze, orge e cose del genere ».2 Sono queste le vesti che deponia-

mo; sono vesti della morte.

Poi il battezzando nella Chiesa antica si volgeva verso oriente - simbolo

della luce, simbolo del nuovo sole della storia, nuovo sole che sorge, simbolo

di Cristo. Il battezzando determina la nuova direzione della sua vita: la fede

nel Dio trinitario al quale egli si consegna. Cosı̀ Dio stesso ci veste dell'abito

di luce, dell'abito della vita. Paolo chiama queste nuove « vesti » « frutto dello

Spirito » e le descrive con le seguenti parole: « amore, gioia, pace, magnanimi-

tà, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé ».3

Nella Chiesa antica, il battezzando veniva poi veramente spogliato delle

sue vesti. Egli scendeva nel fonte battesimale e veniva immerso tre volte -

un simbolo della morte che esprime tutta la radicalità di tale spogliazione e di

2 Gal 5, 19ss. 3 Gal 5, 22.