ACTA BENEDICTI PP. XVI

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 Acta Benedicti Pp. XVI 299

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 Acta Benedicti Pp. XVI 303

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 Acta Benedicti Pp. XVI 305

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 Diarium Romanae Curiae 309

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 Diarium Romanae Curiae 311

 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale312

Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale302

condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte.

La solidarietà più radicale.

In quel « tempo-oltre-il-tempo » Gesù Cristo è « disceso agli inferi ». Che

cosa significa questa espressione? Vuole dire che Dio, fattosi uomo, è arrivato

fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell'uomo, dove

non arriva alcun raggio d'amore, dove regna l'abbandono totale senza alcuna

parola di conforto: « gli inferi ». Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltre-

passato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltre-

passarla con Lui. Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spa-

ventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo,

come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di

una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto

nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. È successo

l'impensabile: che cioè l'Amore è penetrato « negli inferi »: anche nel buio

estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce

che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori. L'essere

umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della

morte è penetrato l'amore, allora anche là è arrivata la vita. Nell'ora dell'e-

strema solitudine non saremo mai soli: «Passio Christi. Passio hominis ».

Questo è il mistero del Sabato Santo! Proprio di là, dal buio della morte

del Figlio di Dio, è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della

Risurrezione. Ed ecco, mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli

occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è

stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa; e io

penso che se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla - senza

contare quanti la contemplano mediante le immagini - è perché in essa

non vedono solo il buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita

e dell'amore, ma piuttosto la vittoria, la vittoria della vita sulla morte,

dell'amore sull'odio; vedono sı̀ la morte di Gesù, ma intravedono la sua

Risurrezione; in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi inabita l'a-

more. Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo «Uomo dei dolori »,

che porta su di sé la passione dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le

nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati -

«Passio Christi. Passio hominis » -, da questo volto promana una solenne

maestà, una signoria paradossale. Questo volto, queste mani e questi piedi,

questo costato, tutto questo corpo parla, è esso stesso una parola che possia-

mo ascoltare nel silenzio. Come parla la Sindone? Parla con il sangue, e il